Dalla Bce una spinta per imprese e famiglie: ecco cosa cambierà

draghiDraghi e il board della Bce hanno varato una manovra con il botto, molto al di là delle aspettative di mercati ed economisti. L’inasprimento dei tassi negativi sui fondi che le banche depositano a Francoforte, l’aumento degli acquisti di titoli sui mercati, pagare in sostanza le banche perché facciano prestiti alle imprese, sono i capitoli di una offensiva all’insegna dell’espansione che non ha riscontro nella giovane storia della banca centrale europea. Per imprese, famiglie e banche si aprono prospettive nuove, ma non sempre accattivanti. Perché funzioni, però, questa politica monetaria ultraaccomodante deve centrare gli obiettivi di indebolire l’euro per rilanciare l’export e fermare la deflazione per rianimare gli investimenti. Se non riuscirà a convincere i mercati della fermezza dei suoi propositi e dell’efficacia dei suoi strumenti, molto poco di quanto deciso ieri a Francoforte, in una giornata campale nella storia della banca centrale, avrà effetti sulle famiglie e sulle imprese. E, nei fatti, il grosso delle decisioni prese ieri si esaurirà, come già accaduto più volte in questi anni, nelle stanze e negli uffici degli istituti di credito.

Ecco cosa cambierà per imprese, banche e famiglie.

IMPRESE – Più prestiti ai piccoli per far ripartire produzione e lavoro

La ripresa non può decollare se le imprese non cominciano a investire e ad assumere. E Francoforte si dichiara pronta a venire loro incontro comprando le obbligazioni delle più grandi (che rientreranno nel portafoglio dei titoli acquistabili nel quadro del Quantitative Easing) e, soprattutto, stimolando i prestiti alle medie e piccole. Nel pacchetto varato ieri, l’inasprimento dei tassi negativi sui fondi che le banche lasciano inutilizzati presso la Bce ha lo scopo di spingere le banche a utilizzare i soldi, prestandoli. Il credito, ha notato Draghi, non è più nelle condizioni di asfissia degli anni scorsi, ha ripreso a crescere, ma ancora in misura insufficiente alle prospettive di ripresa. Oltre ai tassi negativi, Francoforte ha aggiunto, dunque, uno strumento in più al suo armamentario. Le banche verranno premiate con prestiti a tassi negativi se dimostreranno di far arrivare i soldi alle imprese. Gli istituti verranno insomma pagati per fare credito. Accanto a queste misure specifiche, il piano Draghi ha, però, effetti di carattere generale, particolarmente significativi per il mondo delle imprese italiane. Se davvero riuscisse a ristabilire un po’ d’inflazione, la Bce ridarebbe alle aziende un margine di operatività, legato alla prospettiva di fatturati, sia pur modestamente, crescenti. Al momento, è un’ipotesi ancora remota. Ma già fermare la deflazione, che oggi sta facendo scendere i prezzi in Italia, sarebbe importante. Per aziende fortemente indebitate come, in generale, quelle italiane, infatti, la deflazione, riducendo i prezzi e, dunque, gli incassi attesi, accresce il peso reale del debito e oscura le prospettive di investimento.
L’altro elemento positivo è il cambio. L’ondata di liquidità prevista, infatti, dovrebbe, secondo i manuali di economia, indebolire l’euro. Una moneta più debole significa un prezzo minore, sui mercati internazionali, delle esportazioni. Per l’Italia, dove la domanda interna resta debole, sarebbe una boccata d’ossigeno importante.

LE BANCHE – Una scossa al credito tenere i soldi in cassa non conviene più

L’idea base dei tassi negativi è stimolare le banche a non immobilizzare i fondi e aumentare i prestiti. Ma è un costo che hanno scarsissime possibilità di compensare, rovesciandolo sui loro depositanti. In Giappone, di fronte anche solo al rischio che le banche si rifacciano dei tassi negativi, girandoli sui depositi, sta crescendo la richiesta di banconote di grosso taglio. Meglio spendere per una cassaforte che pagare la banca per il privilegio di custodire i soldi. Secondo i calcoli di Morgan Stanley, l’ulteriore discesa – da meno 0,30 a meno 0,40 per cento – del tasso sui depositi presso la Bce comporterebbe una riduzione media del 5 per cento dei redditi degli istituti nel prossimo anno. Alla Bce contestano questi calcoli: nel complesso, il sistema bancario europeo non avrebbe risentito dei tassi negativi. Ma le singole banche sì. In linea di principio, la misura penalizza in misura maggiore gli istituti che basano il proprio business soprattutto sulla intermediazione fra raccolta dei depositi e prestiti: cresce il costo dei depositi, mentre i tassi bassi sui prestiti riducono i margini di guadagno. Meno colpite le banche che puntano di più sulle transazioni finanziarie e le operazioni di mercato.
Brutte notizie, dunque, per il sistema bancario italiano in generale, più legato alla intermediazione tradizionale. Ma quello che la Bce toglie, dà anche. I massicci acquisti di titoli stanno avendo l’effetto di sgravare i bilanci delle banche di un eccessivo impegno sui titoli pubblici, come Bot e Btp. Soprattutto, le decisioni di ieri del board di Francoforte offrono opportunità inattese. Se le banche dimostreranno di far girare i soldi, aumentando i prestiti alla clientela e allentando i cordoni del credito, la Bce è pronta a prestare soldi a tassi negativi. Cioè (nel gergo tecnico è la Tltro) a pagare le banche perché si indebitino con Francoforte. Allo stesso tasso con cui vengono penalizzate le riserve immobilizzate presso la banca centrale. Insomma, un modo (selettivo) di compensarle per i tassi negativi.

LE FAMIGLIE – Mutui vantaggiosi ma per i risparmi rendimenti zero

L’offensiva lanciata dalla Bce per rimettere sul cammino di marcia l’economia europea ha impatti diversi sulle famiglie, a seconda della loro specifica situazione: lavoratori, disoccupati, giovani hanno qualche prospettiva in più. Pensionati e risparmiatori non hanno gran che da sorridere.
Il presupposto non detto (pena l’accusa di voler scatenare una guerra delle valute) della manovra della Bce è indebolire l’euro per favorire le esportazioni. Quello esplicito, invece, è un allentamento del credito e interessi bassi che riportino le imprese ad investire. Più vendite all’estero e più investimenti dovrebbero avere effetti benefici sull’occupazione e, in prospettiva, anche sugli andamenti salariali, dando finalmente fiato ad una ripresa, finora, anemica. Credito più facile e tassi bassi dovrebbero anche favorire la stipula dei mutui per l’acquisto della casa, normalmente un problema soprattutto dei giovani. L’Euribor, il tasso di riferimento di quasi tutti i mutui immobiliari è infatti a livelli minimi e la variabile da tenere d’occhio è il ricarico fisso – lo spread – che applica la banca. Più in generale, le mosse di Draghi dovrebbero aiutare i debitori. Il nemico da abbattere, nei piani della Bce, è, infatti, la deflazione, il cui effetto più negativo è aumentare il costo, in termini reali, cioè considerato come si muovono i prezzi, del debito (l’inflazione, invece, lo alleggerisce).
Ma la discesa dei prezzi che comporta la deflazione non è affatto una sciagura per chi ha un reddito fisso e garantito, come i pensionati. Allo stesso tempo, i risparmiatori vedono restringersi le possibilità di impiegare i loro soldi. Il conto in banca non frutta più nulla.
Anzi, c’è il

pericolo che la banca pensi di rifarsi dei tassi negativi che la Bce le applica a Francoforte. Intanto, i titoli danno rendimenti sempre più bassi e può esserci la tentazione di orientarsi verso impieghi rischiosi. La Repubblica