L’ex capitano della Fiorentina, Davide Astori, non sarebbe morto per un rallentamento dei battiti. Ma per tachiaritmia. Se avesse condiviso la stanza con qualcuno forse sarebbe stato possibile salvarlo.
Forse Davide Astori poteva salvarsi. Inutile giocare con i “se” e i “ma” quando di mezzo c’è la morte, certo.
oprattutto se avviene in maniera così improvvisa e assurda. ma l’ex capitano della Fiorentina, trovato esanime dai suoi compagni la mattina del 4 marzo scorso a Udine, non è morto – come si pensava – per via del rallentamento del battito cardiaco che l’ha portato alla morte. Ma – secondo l’autopsia dei medici, anticipata dal Corriere – per l’esatto opposto: “tachiaritmia”, cioè una accelerazione improvvisa del battito cardiaco.
Il fatto è che, secondo il quotidiano di via Solferino, se Astori avesse condiviso con qualcuno la camera quella notte all’hotel “Là di Moret” a Udine, forse sarebbe stato possibile salvarlo: serviva però qualcuno che potesse almeno lanciare l’allarme. Prima di quella notte, è l’ipotesi dei medici legali Carlo Moreschi e Gaetano Thiene, il capitano della Fiorentina non avrebbe mai sofferto della malattia che l’ha strappato all’affetto dei cari. Evento unico e letale. Ora la perizia dell’autopsia è sul tavolo del pm Barbara Goffredo che indaga sul decesso del calciatore.
“Non posso anticipare nulla – ha detto con prudenza il procuratore di Udine, Antonio De Nicolo -. Posso solo dire che sul caso è aperto un fascicolo a carico di ignoti. La collega sta studiando il documento. Non appena il lavoro sarà terminato decideremo se proseguire l’indagine o chiedere l’archiviazione“. Il giornale.it