Di Matteo inchioda Bonafede: “Fece intendere dinieghi per Dap”

Spuntano nuovi particolari sul caso della mancata nomina di Nino Di Matteo alla guida del Dap. Il consigliere del Csm ha raccontato la sua versione dei fatti in Commissione parlamentare Antimafia usando parole forti contro il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede che dopo aver proposto a Di Matteo l’incarico al Dap, avrebbe fatto subito marcia indietro.

Nel 2018 ricevetti la telefonata del ministro Bonafede per assumere la direzione del Dap o in alternativa per prendere il posto di direttore generale degli affari penali. Bonafede mi disse che aveva pensato a me o come capo del Dap e mi fece capire che la nomina avrebbe prodotto effetti immediati o come direttore degli Affari penali. Questo secondo incarico mi sarebbe stato attribuito in un secondo momento se la dottoressa Donati avesse rinunciato a questo incarico per un altro. Più volte nel corso della telefonata il ministro mi ha detto ‘Scelga lei’, me lo ha ripetuto almeno tre volte. Io chiusa la telefonata, non ho avuto alcun dubbio ad accettare il Dap“, ha raccontato il consigliere del Csm Di Matteo. “Non ho mai chiesto né sollecitato alcunché. Io sono stato cercato, ho ricevuto una precisa proposta. Non ho mai cercato qualcuno e perorato l’assegnazione di un incarico“, ha sottolineato.

Di Matteo ha spiegato di aver chiesto al ministro 48 ore di tempo per pensare alle offerte, ma Bonafede chiese tempi più brevi. “La mattina dopo la telefonata mi recai al ministero e dissi subito che accettavo l’incarico del Dap. Con sorpresa, il ministro cominciò a dire che l’incarico al Dap era sì importante ma prevedeva competenze che non avevano in fondo a che fare con la mia esperienza. Insistette perché accettassi invece l’incarico agli affari penali. Mi parlò di aver pensato al dottor Basentini per il Dap”. “Il giorno dopo sono tornato al ministero e ho detto a Bonafede: ‘Non tenga assolutamente in conto nessuna mia disponibilità per gli affari penali. Non sono disponibile’. Lui insistette più volte e poi mi disse: ‘Dottor Di Matteo, La prego di rifletterci perché per quest’altro incarico non ci sono dinieghi o mancati gradimenti che tengano'”. “Io – ha aggiunto –non mi sono mai sognato di chiedere al ministro cosa fosse accaduto in quelle 22 ore“, dalla proposta al primo incontro al ministero.

Io ci sono rimasto male per quell’improvviso dietrofront, ma non ho mai detto niente”. ?Fino alla trasmissione di Giletti su La7. “Sono successe alcune cose che mi hanno indotto a parlare. C’erano state centinaia di scarcerazioni, avevo conosciuto la circolare del 21 marzo, erano intervenute le dimissioni del dottor Basentini, iniziavano a filtrare le voce di un incarico alla mia persone come capo del Dap. Io ho continuato a non parlare e Bonafede ha scelto Petralia al Dap“. E così si arriva allo scorso 3 maggio quando Di Matteo interviene nel corso della trasmissione Non è l’Arena. “Ho ritenuto di raccontare la verità e non me ne sono pentito. La vicenda non è solo personale ma diventa istituzionale nel momento in cui il ministro nel giro di 22 ore fa dietrofront e parla di dinieghi e mancati gradimenti. A chi e a che cosa non è compito mio saperlo, lo potrebbe dire solo il ministro Bonafede“.


Fonte originale: Leggi ora la fonte