Dibattito in Consiglio: la politica scarica sui dipendenti pubblici tutti i mali del paese!

Ecco cosa implicano effettivamente le tre soluzioni indicate nella delibera del Governo del 13 settembre per i lavoratore della PA 

Dagli interventi ascoltati in Consiglio Grande e Generale, tenuti da qualche illustre esponente di Governo e da altri altrettanto illustri consilieri di maggioranza ed opposizione, abbiamo finalmente capito che la causa di tutti i mali che attanagliano la nostra Repubblica sono i pubblici dipendenti. Ora che sono stati trovati i “colpevoli”, si pensa a come recuperare il “maltolto” e le soluzioni sono indicate nella delibera del Congresso di Stato del 13 settembre 2010.

In essa per i pubblici dipendenti si prevede di chiudere il contratto di lavoro senza adeguamento economico, di rinviare la stabilizzazione dei precari e di revisionare le indennità. Vediamo cosa implicano effettivamente queste tre soluzioni.

AUMENTO A COSTO ZERO: comporta la perdita permanente del potere d’acquisto delle retribuzioni. Non è difficile pensare che la proposta verrà ripresa dai datori di lavoro di tutte le categorie. Ciò significa anche restrizione della propensione al consumo in favore di una maggiore propensione al risparmio, che a sua volta significa tendenza alla paralisi della microeconomia di San Marino; tutto ciò è in contrasto con quanto affermato dai più quotati economisti, secondo i quali in un momento di crisi economica è necessario far girare la moneta, ridistribuendo le risorse sui cittadini.

 RINVIO DELLA STABILIZZAZIONE DEI PRECARI: il Segretario per gli Affari Interni ha dichiarato che tale provvedimento è dettato dalla necessità di equità sociale in rapporto ai dipendenti del settore privato, ma ci sembra chiaro che tale affermazione sia una giustificazione necessaria in un momento di campagna elettorale, poiché il precariato del pubblico impiego è un fenomeno totalmente differente e trattato diversamente (in modo più penalizzante) dalle scelte effettuate dalla politica nel corso degli anni. È unanimemente riconosciuto che se un lavoratore opera in condizioni di precarietà, l’efficienza diminuisce sensibilmente, ed è ampiamente dimostrato che a San Marino i dipendenti pubblici si sono rivelati, in questo periodo di crisi economica universale, un necessario cuscinetto di salvataggio per molte famiglie sammarinesi.
REVISIONE DELLE INDENNITÀ: più che di revisione, ci sembra di capire, dalle dichiarazioni del Segretario degli Interni e dell’Esecutivo, che si voglia parlare di soppressione delle indennità, che peraltro non sono state più adeguate dal 2000; ma questo argomento è stato per anni oggetto di conflitto politico tra esponenti di partiti, che un tempo erano antagonisti ed oggi si trovano insieme al governo. Se si fosse proceduto in tempo ordinario a riformare la busta paga, oggi non avremmo problemi a capire dove stanno i diritti e dove stanno gli sprechi, ma l’interesse di chi ha gestito politicamente la funzione pubblica è sempre stato quello di tenere sotto ricatto i pubblici dipendenti, e ancora oggi sembra che le cose non siano cambiate. Occorre ricordare che gli stipendi dei pubblici dipendenti impegnano una cifra inferiore al 20% della spesa pubblica; di conseguenza gli sprechi dovrebbero essere ricercati con maggiore determinazione anche in altri settori, che accompagnati da una più equa tassazione dei redditi, possono produrre una parte di quelle risorse che servono al Paese.

Occorre infine ricordare che nel 1998 la politica ha deciso il blocco delle assunzioni; di conseguenza il numero dei dipendenti pubblici è rimasto sostanzialmente invariato nonostante il notevole incremento di utenti e servizi forniti. A proposito di tagli, accorpamenti ed eliminazione di sprechi, si potrebbe cominciare a pensare di ridurre il numero dei partiti e dei governanti, semplificando un quadro che ultimamente appare molto confuso.

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