David Cameron resta primo ministro e con la maggioranza assoluta dei seggi, nuova e inattesa sconfitta per i Laburisti, boom dello Scottish National Party, euroscettici di Nigel Farage terza forza politica ma penalizzata dal sistema elettorale maggioritario.
I risultati delle elezioni politiche consegnano al Regno Unito un nuovo governo conservatore, che guiderà il Paese da solo dopo aver conseguito 331 seggi su 650. “Ho visto la regina – ha detto il primo ministro parlando di fronte a Downing Street – e formerò un nuovo governo”.
Che questa volta, dice, sarà monocolore. “Ho sempre creduto di dover governare con rispetto”, ha aggiunto, impegnandosi a proseguire nel percorso di devolution per la Scozia, il Galles e l’Irlanda del Nord, sul quale “tutti i partiti” si erano espressi a favore nel precedente Parlamento. In più ha confermato che nel 2017 si terrà il referendum sulla permanenza o l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea.
A tal proposito abbiamo chiesto alla politica nostrana di rilasciare un commento a caldo, da una parte sulla vittoria dei conservatori di Cameron e dall’altra sul ko del partito laburista e delle conseguenti dimissioni dei vertici di partito. Che tipo di valutazione danno della schiacciante vittoria dei nazionalisti in Scozia e del referendum per l’uscita dall’Ue che si terrà quasi sicuramente nel 2017, tenendo in considerazione che a oggi, secondo i sondaggi di Gfk, BBC e YouGov, il versante dei favorevoli all’Ue possiede un vantaggio risicato, ma non bisogna sottovalutare che la maggior parte dei cittadini si è detta indecisa. Un’eventuale uscita della Gran Bretagna dall’Ue potrebbe compromettere la tenuta stessa dell’Unione Europea? Infine, una riflessione sul modello elettorale inglese rispetto a quello italiano e sammarinese.
Teodoro Lonfernini (segretario di Stato al Turismo): “Come non poter non accogliere positivamente un risultato schiacciante basato in primis sulla figura di David Cameron? Oggi nella politica vengono premiate le persone capaci che sanno comunicare con una visione politica ampia e condivisa, come appunto Cameron, Obama e Renzi, tutti personaggi che davvero lasciano il segno dove passano. In questo momento l’Europa e il mondo intero hanno bisogno di stabilità politica ed economica e di uomini politici che sappiano comunicare con le persone in maniera diretta e concreta. Dovremmo iniziare a fare la stessa cosa anche a San Marino, cominciando a ridisegnare un nuovo modello politico. Non per forza dobbiamo ridurre la diversità politica del Titano a due forze politiche come negli Usa ma dobbiamo interrogarci, perché non possiamo avere dieci rappresentanze politiche in Consiglio perché diventa tutto più complesso e imbarazzante. Dobbiamo ripensare a un sistema istituzionale molto più stabile di quello attuale anche perché con maggiore sicurezza politica avremmo anche più sicurezza economica. A tal proposito Margaret Thatcher è un insegnamento per tutti. Gli inglesi hanno applicato l’insegnamento della Thatcher alla lettera. Le regole d’oro del modello politico del “thatcherismo” ha consentito ai conservatori come ai laburisti di governare senza avere grandi interferenze . L’Inghilterra è un grande paese, forte sostenitore dell’Unione europea, però e anche giustamente una buona parte della popolazione inglese guarda con sospetto a questa Europa. Sia chiaro, nessuno vuole mettere in discussione l’Unione europea, ma non dobbiamo nemmeno drammatizzare se poi qualcuno vuole vedere veramente dove vuole arrivare l’Europa, come nella Gran Bretagna farà con il referendum del 2017. Non mi stupisce la schiacciante vittoria del partito nazionalista scozzese, però non condivido in alcun modo questo tipo di estremismi, come non condivido in Italia l’impostazione politica del movimento 5 stelle e quella di Marine Le Pen in Francia. A San Marino, a causa di un decennio in cui la politica non ha saputo dare risposte vere alla crisi economica, occupazionale e finanziaria (in pratica a una crisi di sistema), si sono formati i movimenti che hanno saputo cogliere invece le esigenze del malcontento. I movimenti però fanno politica come se fossero in piazza e non in un parlamento. La gente ha bisogno invece di sicurezze e di una struttura partitica che sia in grado di garantirle”.
Gerardo Giovagnoli (capogruppo del Psd): “Vittoria netta dei Conservatori a scapito dei Liberal Democratici e del Nazionalisti in Scozia a scapito dei Laburisti. Risultato paradossale quest’ultimo vista la sconfitta del referendum per l’indipendenza del settembre scorso. Ora saliranno quindi le rivendicazioni indipendentiste scozzesi rispetto al Regno Unito e quelle del Regno Unito rispetto all’Unione Europea. Credo che in nessuno dei due casi l’esito sia quello dell’uscita dall’organizzazione politica più vasta: per la Scozia, dato il referendum, si tratterà di chiedere maggiore devoluzione, per il Regno Unito sarà di chiedere maggiori margini di manovra sulle quattro libertà. L’Unione Europea entro certi limiti accorderà alcune modifiche ma non potrà concedere la via dell’adesione “à la carte” a tutti gli stati che avranno altre necessità nazionali. Anzi, sarebbe una iattura che l’unico elemento in comune a livello continentale fosse il mercato, lo scambio di merci e capitali. Soprattutto nel momento in cui si sta valutando il contestato accordo commerciale con gli Stati Uniti. Serve invece più sintesi politica, forza comune nel nuovo assetto internazionale con Cina, India e Russia che emergono quali player in ascesa. Oggi (ieri, ndr)si celebrano i 65 anni dalla dichiarazione di Schuman che ha dato il via al sogno dell’Unione Europea. Non è il tempo di mandare in pensione quel sogno, ma di aggiornarlo all’attualità e scommettere sulla nuova sfida continentale. Sarebbe devastante il ritorno al pre 1950, agli stati europei incapaci di mettersi in gioco per unirsi invece, a combattersi come hanno fatto per la maggior parte della loro storia. In base a questo servirebbe più solidarietà e meno retorica dell’Austerità. La decisione di oggi sui profughi va nella giusta direzione”. Sul sistema elettorale inglese: “Credo sia venuto il momento anche per l’ultra stabile assetto istituzionale del Regno di valutare che due partiti che guadagnano circa lo stesso numero di voti non possano essere rappresentati con un rapporto di 1 a 56 come nel caso di Verdi e Nazionalisti Scozzesi”.
Simone Celli (segretario del Partito socialista): “È una vittoria netta e inconfutabile, il popolo inglese ha voluto con una certa chiarezza la conferma di Cameron alla guida del governo inglese, è evidente invece la disfatta dei laburisti. Le dimissioni dei vertici del partito perdente sono una consuetudine nel panorama politico inglese. Ritengo che abbandonare sia un atteggiamento estremamente dignitoso e dovremmo prendere esempio da questa tipo di consuetudine, credo che, dopo aver perso, sia giusto che i leader politici facciano un passo indietro. La vittoria schiacciante dei nazionalisti scozzesi non mi sorprende, rappresenta una peculiarità del complesso panorama politico e sociale del Regno Unito. Esiste però anche un fattore legato all’avanzamento dei movimenti indipendentisti e nazionalisti a livello europeo, sono due fattori che rendono questa miscela particolarmente esplosiva, l’avanzata elettorale dei nazionalismi è straordinaria. Il referendum del 2017 ritengo che sia una scelta di grande rispetto nei confronti del popolo inglese, però sarebbe molto preoccupante che un paese dell’importanza politica ed economica come la Gran Bretagna faccia una scelta di questo tipo, mi auguro che decida che qualunque sia il risultato del referendum il Regno Unito permanga in Europa”. Sul modello elettorale inglese: “Ogni paese ha la propria tradizione politica ed è difficile catapultare modelli elettorali da uno Stato all’altro. Il problema della frammentazione a San Marino ovviamente esiste, francamente però non sono convinto che solo il sistema elettorale possa risolvere il problema della frammentazione. È un problema di cultura politica, dobbiamo trovare un nuovo progetto complessivo perché la frammentazione indebolisce l’autorevolezza della politica”.
Andrea Zafferani (Civico 10): “Non mi piace commentare vicende politiche di altri Paesi, salvo le cose più macroscopiche, anche perché non abbiamo sufficienti elementi di conoscenza per giudicare. Quello che posso dire però è che riguardo alle dimissioni dei leader dei laburisti, in Gran Bretagna sono abituati a non prendere scuse. Prima ci si dimette perché si sono perse le elezioni, prendendo atto della sconfitta. Poi è giustissimo lottare per cambiare una legge elettorale che obiettivamente non va bene perché distorce troppo la rappresentanza. In Italia e anche a San Marino, invece, – conclude Zafferani – si sarebbero trovate mille scuse pur di non ammettere la sconfitta e non agire di conseguenza”.
Francesco De Luigi, La Tribuna