La vecchia San Marino appartiene a un mondo che non c’è più.
Nel 1994 quando morì Ayrton ero un ragazzino. Ma di quel campione cristallino ho nitido il ricordo, così come non scordo le parole di mio padre, grande tifoso ed estimatore del compianto pilota. Morto Senna, morta anche la passione di mio papà per i motori.
Un grande amore d’altra parte, non si scorda mai e c’è chi non riesce a guardare avanti, a rifarsi una vita, ma rimane lì, fermo, a sospirare pensando ai tempi che furono. Ovviamente ne sono stato condizionato pure io e se prima mi emozionavo a guardare con lui le gare, oggi i gran premi li vediamo solo su sbiadite VHS: ho negli occhi proprio un gran premio di San Marino e quel dualismo con Prost!
Negli anni successivi il mio sentimento è andato via via scemando, così come la voglia di assistere alle corse. L’associazione mentale che mi ha portato a Senna, me la ha fornita la doppietta dell’altro giorno: Rossi e la rossa, ovvero le rispettive vittorie di Valentino su due ruote e della Ferrari. Una grande emozione, come non ne provavo da un po’. Così la memoria mi ha riportato a quegli anni, ad Ayrton e non solo.
Senna era molto credente. Portava sempre con sé la Bibbia. La leggeva. In una intervista ebbe a dichiarare di aver visto Dio mentre attendeva che partisse una corsa. E allora ho ripensato al mio incontro con Papa Francesco. Credo in qualche modo di avere intravisto a mia volta Dio negli occhi di quell’uomo. Un breve colloquio che mi ha cambiato profondamente, penso in maniera irreversibile.
Vorrei condividere con i lettori di Tribuna queste emozioni perché possano donare una luce, una prospettiva positiva del futuro. E nonostante la crisi, nonostante i messaggi negativi che si sentono in giro, nonostante la lecita frustrazione per la disoccupazione o perché mancano i soldi, sono intimamente convinto che questo Paese molto presto si rialzerà in piedi economicamente, dopo averlo già fatto da un punto di vista morale. Perché la risposta della gente alla corruzione, all’immoralità è stata forte e corale.
Se il cambiamento c’è stato, i sammarinesi devono ringraziare per prima cosa loro stessi. A questa terra negli ultimi anni nessuno ha regalato nulla. L’antico rapporto con l’Italia è stato riconquistato a suon di leggi e sacrifici.
Le patrimoniali, le tasse, sono state il prezzo da pagare per colpa di una illegalità diffusa. Ora che abbiamo voltato pagina abbiamo il dovere di aprirci, di guardare oltre al nostro orticello. Non si può e non si deve criminalizzare ad oltranza il nostro sistema economico. Dall’esterno spesso ci guardano in maniera “filtrata”, dunque dobbiamo fare passare un chiaro messaggio: il Titano oggi è un Paese dove c’è la concorrenza, dove il mercato non è drogato, dove la corruzione che frena la libera iniziativa viene combattuta.
La vecchia San Marino appartiene a un mondo che non c’è più, che possiamo intravedere solo in vecchie e sbiadite VHS.
Detto questo, lanciamo un monito, e come si dice, a buon intenditor, poche parole: se vogliamo definitivamente uscire dal tunnel e proiettarci in Europa, in una realtà globale, non può più esserci spazio per i nostalgici, per chi è rimasto fermo al palo nell’attesa che tutto, prima o poi, possa tornare come prima.
David Oddone, La Tribuna