Diplomatici americani in rivolta. Il Presidente: ”vi caccio!”

Donald Trump vuole mantenere la parola con gli elettori e ieri con la sua lunga e famosa «penna nera» ha firmato un altro decreto presidenziale per chiedere lo sblocco d’urgenza della burocrazia federale che attanaglia le piccole imprese impedendo la loro espansione con troppe regole.

Oggi annuncerà il suo candidato per la Corte Suprema che dovrà sostituire il giudice Anthony Scalia e sarà un’altra ondata di polemiche e di proteste.
Rafforzato dall’idea di mantenere prima di tutto «la sicurezza del paese», pur di dimostrare che è lui l’unico vero comandante, il presidente sembra già entrato in rotta di collisione non solo con l’intero corpo diplomatico che sta preparando un documento di critica al bando degli immigrati, ma con lo stesso Congresso che ha già fatto arricciare le soppracciglia al ministro della difesa e dell’Homeland Security per averli in pratica bypassati coi recenti provvedimenti, e aver scatenato la reciprocità del’esclusione anche in diversi paesi del Medio Oriente.

La Casa Bianca respinge le critiche dei diplomatici che hanno manifestato il loro dissenso contro la decisione del presidente sul bando agli ingressi negli Usa da sette paesi a maggioranza musulmana. «Se non aderiscono al programma possono andare – ha detto il portavoce Sean Spicer –. Se qualcuno ha problemi con l’agenda si pone la questione se debbano rimanere in quel ruolo o meno. Si tratta della sicurezza dell’America».

Nell’agenda del presidente, oltre alla visita del premier giapponese Abe il 10 febbraio, cinque giorni dopo Trump riceverà alla Casa Bianca il premier israeliano Netanyahu che sarà di fatto il terzo capo di governo a misurarsi direttamente col nuovo presidente per dare avvio a un rinnovato patto d’acciaio Usa-Israele.

Il Cremlino e la Casa Bianca stanno preparando un incontro tra i presidenti Trump e Putin: lo ha annunciato il portavoce di Putin, Dmitri Peskov, aggiungendo che il faccia a faccia si svolgerà «abbastanza probabilmente» prima del G20 di Amburgo in programma per il 7-8 luglio. «Un dialogo buono e costruttivo»: così il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha definito la conversazione telefonica di sabato scorso tra i presidenti.

Peskov ha comunque sottolineato che i due leader non hanno raggiunto nessun particolare accordo e che non si è discusso delle sanzioni americane contro la Russia. La Gran Bretagna sogna di chiudere le porte in faccia a Trump o almeno sogna di farlo un numero cospicuo di sudditi di Sua Maestà: oltre 1,5 milioni quelli che hanno firmato in meno di due giorni una petizione popolare contro il neopresidente Usa per un rinvio della visita di Stato di ‘The Donald’ a Londra in programma da qui a qualche mese.

Ma il governo May, per quanto imbarazzato dal bando anti musulmani, non ha intenzione di riarrotolare il tappeto rosso che la premier Tory si è affrettata a promettere a Washington. Ricevimento dalla regina a Palazzo incluso. «Noi non siamo d’accordo con queste restrizioni», premette un portavoce di Downing Street. «Se siamo in disaccordo su qualcosa saremo lieti di dire che siamo in disaccordo», aggiunge. Ma da amici. E quindi di mettere in discussione un invito «già consegnato e accettato» non se ne parla.