Fulvio Pelli, presidente del partito radicale liberale svizzero, risponde per le rime a chi accusa la Svizzera di essere poco credibile davanti alla comunità internazionale, polemica innescata dalla stampa della vicina penisola per caldeggiare il rientro dei capitali. In particolare, replica a Sergio Romano, l’ambasciatore italiano a Mosca che in piene glasnost e perestroika aveva mandato un bel rapporto a Roma dove assicurava che il comunismo non sarebbe mai caduto…
Di fronte alle disposizioni poliziesche a corollario dello scudo fiscale, il Ticino si sente vessato da provvedimenti che offenderebbero qualunque stato sovrano, con misure francamente da sbirro come monitorare con telecamere chi entra ed esce dalla Confederazione o mandare improbabili agenti in incognito (una pratica già usata con scarsi risultati da tempo, negli anni ‘80 addirittura fotografavano gli Italiani nelle armerie ticinesi) a fotografare targhe di vetture italiane in territorio svizzero per spiare chi entra in banca e ottenere altre informazioni.
L’apparato statale italiano ha un solo scopo: la buona riuscita dello scudo fiscale e per colmare le sue voragini di bilancio e, più in generale, trattenere i proventi dell’imprenditorialità e del lavoro italiani in patria; ma qualcuno si rende conto che se uno stato applica aliquote fiscali insopportabili e i proventi delle imposte li spreca e butta, difendersi da un’eccessiva e perversa imposizione fiscale diventa un dovere di fatto per il libero cittadino?
Non senza cercare di raccogliere consensi popolari, alcuni politici parlano di ritorsioni, ma in concreto queste sono inapplicabili sia per il relativamente scarso danno per l’Italia di quanto alcuni politici ipotizzano, sia perché comporterebbero contraddire e abrogare trattati e accordi internazionali in essere il che innescherebbe un domino incontrollabile. I rapporti internazionali sono regolati da Berna, non da Bellinzona. Sta di fatto che, mentre si cercano kamikaze elvetici per ributtare giù un’altra volta il grattacielo Pirelli, i bancari del nostro cantone sono preoccupati e nei prossimi giorni il Gran Consiglio del Cantone Ticino voterà una risoluzione, sottoscritta da leghisti e liberali, in cui si chiederà di non versare più all’Italia la quota di tasse pagata in Svizzera dai lavoratori frontalieri. Tuttavia, la Svizzera ha assoluto bisogno della mano d’opera frontaliera e dei trasporti da e per l’Europa che la circonda e ha più da perdere che da guadagnare in una polemica di minacce vaghe e ragli d’asino con Italia, Germania e Francia.
Quello che non funziona in Svizzera è la politica estera nel suo complesso che per troppo tempo ha dormito senza prevedere né fare nulla, per quieto vivere.
La Svizzera diplomatica è attualmente debole come non mai, basti pensare alle umiliazioni subite grazie al Presidente della Confederazione Merz da parte della Libia che trattiene tuttora due ostaggi di cittadinanza svizzera e ai danni economici dell’embargo libico verso Berna. La debolezza svizzera nei confronti della nazioni confinanti è emersa soprattutto dalle pressioni che da sempre esercita la Germania anche con le roboanti dichiarazioni del ministro Peer Steinbruck, e nei confronti dell’Europa questa liability è stata evidente ad esempio quando la Svizzera non ha reagito dopo essere stata inserita nelle liste dei ‘paradisi fiscali’ mentre sotto nessun profilo la Confederazione è un paradiso fiscale…
Insomma, questa mobilitazione generale se vogliamo farla è meglio studiarla bene, abbiamo visto come è andata a finire con la Libia, ci manca solo di perdere la guerra con l’Italia…
da ticinofinanza.ch