BARI – “E’ una delle storie più oscure, più coinvolgenti, più spaventose, ma forse anche più istruttive sul lato oscuro della natura umana”. La storia – raccontata in un documentario realizzato da Pino Corrias, con Renato Pezzini e la collaborazione di Massimo Calandri, presentato in anteprima al Prix Italia di Bari – è quella di Donato Bilancia, il serial killer più sanguinario della storia d’Italia, capace di provocare ben 17 vittime, 9 uomini e 8 donne, in pochi mesi, dal 15 ottobre 1997 al 20 aprile 1998. “E’ una storia di cronaca poco raccontata – dice all’ANSA Corrias che ha scritto e diretto il documentario -. Quando lo prendono, lui resta una settimana senza parlare, ma poi confessa tutto, molto di più di quello che pensano gli inquirenti: loro gli attribuiscono 8 omicidi e lui invece confessa di averne fatti 17”. “Le tre vite di Donato Bilancia”, una produzione Rai Documentari realizzato con il Cptv Rai Milano, andrà in onda domani alle 21.25 su Rai 2, per il ciclo di Rai Documentari “L’Italia Criminale, quando la cronaca fa la Storia”.
Il docu-film rintraccia i testimoni delle tre vite di Bilancia, quella del giocatore nella Genova che normalmente non si vede; quella dell’assassino, ricostruita attraverso gli audio originali della confessione resa nei tre giorni e tre notti di interrogatori; quella del carcerato, durata 22 anni, dal 1998 fino al 17 dicembre 2020, quando sarà il Covid a chiudere la sua esistenza e anche il suo mistero. “La sua terza vita l’abbiamo scoperta indagando sugli anni che ha passato in carcere che nessuno aveva mai raccontato – dice Corrias -. La storia di Bilancia si conclude con un anno di processo dove lui non compare mai e i tredici ergastoli. La sua confessione non l’ha sentita nessuno, noi l’abbiamo usata molto perché secondo noi è molto forte”. “Lui dice ‘io sono un pazzo’ perché nel processo gioca la carta della follia – sottolinea Pezzini -, convinto che questo possa generare una revisione del processo, una perizia psichiatrica. Ma poi abbandona anche questa strada”.
Bilancia è stato esaminato da 13 psichiatri e tutti hanno escluso l’incapacità di intendere e di volere. “Tutti hanno parlato di un mistero, di un ingranaggio che si rompe nella sua testa – spiega Corrias -. Le 17 persone le ha uccise per vendetta, per rancore contro il mondo: lui è uno che si sente isolato. Soprattutto le donne le ha uccise per disprezzo: lui aveva problemi di impotenza sessuale e altri che derivavano dall’infanzia e dall’adolescenza. Però nessuno è stato in grado di spiegarci che cosa sia successo davvero nella sua testa. La cosa più convincente ce la dice il magistrato e ce la dirà anche uno degli psichiatri italiani intervistati, ossia che lui prova piacere nel controllo della vita e della morte”. A differenza del classico serial killer, che si accanisce sui corpi in vari modi, Bilancia li uccide senza provare rimorso. Quando lo racconta, la storia è sempre la stessa, di una monotonia assoluta. “Raccontare questa storia oggi serve a raccontare qualcosa di molto inquietante sulla natura degli uomini – spiega Corrias -, perché quello che ci dirà il magistrato, ma anche i carabinieri e gli psichiatri, è che tutti potenzialmente nascondiamo quel click lì che ha mosso Bilancia. La storia di Bilancia ci dice qual è la nostra parte peggiore”. Nel finire della sua vita riaffiorano i fantasmi del passato. In carcere fa teatro e ha una crisi mistica che emerge dalle lettere che scrive al priore della comunità di Bosa. “Lui prega, organizza gruppi di preghiere e distribuisce la sua piccola pensione di invalidità alla madre di un bambino siciliano – ricorda Pezzini -. Lei sta male e lui prega chiedendo di morire lui al posto di lei. Diventa una specie di uomo ‘perbene’ e questo accende una piccola luce in questa storia nera”.
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