Dopo Morini e Giornalesm.com per una vignetta l’Authority contesta ??addirittura una pubblicita? perchè fa venire meno la dignità della donna

Schermata 2016-06-23 alle 19.36.09Tribuna, senza togliere nulla a nessuno, rappresenta certamente il media che negli ultimi anni si e? distinto per le battaglie di genere, per i diritti degli omosessuali, per i diritti civili e per la difesa delle minoranze e i diritti delle donne.

E’ anche grazie alla massiccia campagna culturale portata avanti da Tribuna ad esempio, se oggi con orgoglio ospitiamo in Repubblica famiglie di rifugiati. Sempre Tribuna e? in prima linea nel combattere la violenza contro le donne e ad accendere costantemente i fari su un tema per molti ancora tabu?. Accogliamo dunque con estrema attenzione e interesse la fissazione della comparizione della nostra testata per il 5 luglio davanti al Giudice amministrativo.

Si tratta della cosiddetta “causa di volontaria giurisdizione” promossa dall’Authority per le pari opportunita? a seguito di una pubblicita? pubblicata anche sulla nostra testata. Ma veniamo ai fatti. Con l’atto si chiede che “venga formalmente inibita la continuazione, e che ne siano eliminati se ed in quanto possibile gli effetti, della pubblicita? apparsa (…) nei giorni 1 e 7 maggio 2016 e 4 giugno 2016”.

A parere degli istanti, detta pubblicita? “e? evidentemente lesiva della dignita? femminile”. Si aggiunge che “vengono commercializzati “capi unici, realizzati a mano” con “tessuti pregiati altamente selezionati”, la proposta commerciale viene accompagnata dalla rappresentazione “di un’immagine di donna completamente nuda, che evoca il modello della donna oggetto”, rappresentazione “certamente lesiva della dignita? personale della donna stessa e proibita dal disposto dell’articolo 3, comma 2, della legge 20 giugno 2008 n. 97, il quale stabilisce come sia ‘vietato utilizzare, anche a fini pubblicitari, immagini ed espressioni lesive della dignita? e della identita? della persona, o aventi o alla identita?
di genere’”.

La relazione accompagnatoria della legge chiarisce altresi? come “si devono pertanto considerare non consentiti gli annunci pubblicitari o i servizi che rappresentino le donne in modo vessatorio, sia utilizzando il loro corpo o parte di esso come mero oggetto svincolato dal prodotto che si intende pubblicizzare, sia la sua immagine associata a comportamenti stereotipati che inducono a generare violenza, come la mancanza di capacita? decisionale”.

Alla luce di tutto questo gli istanti chiedono al giudice amministrativo “di inibire la continuazione della pubblicita? oggetto di segnalazione, intesa come inibizione della eventuale reiterazione della medesima pubblicita? sulla testata giornalistica o su qualsiasi altro mezzo di diffusione al pubblico”.

La tematica e? molto interessante soprattutto in questi giorni in cui e? stata approvata da parte dei giornalisti la loro  prima carta deontologica. Le argomentazioni generali proposte dall’Authority non possono che trovarci perfettamente d’accordo, tanto piu? che con la presidente Monica Michelotti esiste un proficua e costante collaborazione per portare avanti assieme temi vitali per un Paese che vuole considerarsi civile. Ben venga dunque l’iniziativa legale che ci aiuta ancora una volta a parlare di dignita? femminile e violenza di genere, ricordando cosi? a tutti dell’esistenza della causa di volontaria giurisdizione e di una legge che permette a chiunque di richiedere eventualmente un intervento in caso di presunta violazione.

Premesso tutto questo puo? aiutare capire che cosa fanno i nostri vicini dove esiste una giurisprudenza molto piu? vasta

in casi analoghi. In Italia c’e? lo
Iap, l’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria ovvero quell’ente privato che dal 1966 regolamenta la comunicazione commerciale per una corretta informazione del cittadino-consumatore e una leale competizione fra le imprese. Le norme da rispettare sono conte- nute nel Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale e sono applicate dal Comitato di Controllo e dal Giuri?. All’osservan- za del Codice sono tenuti tutti gli operatori pubblicitari che, nella loro maggioranza, aderiscono all’Istituto e riconoscono la sfera d’azione dei suoi organi. Il Dipar- timento per le Pari Opportunita? (DPO) e lo IAP a propria volta han- no rinnovato lo scorso 1° febbraio un protocollo, siglato nel gennaio 2011 con l’allora Ministero per le Pari Opportunita?, che mira a ren- dere piu? efficace la collaborazione tra le due Istituzioni nel controllo delle pubblicita? ritenute lesive della dignita?. L’attuale versione

del Protocollo estende il proprio raggio di azione alla tutela della dignita? della persona in tutte le sue forme ed espressioni, al fine che si eviti ogni forma di discrimi- nazione. Il Codice di Autodisciplina consente di attivare un controllo efficace della comunicazione com- merciale, che in particolare agli articoli 9 e 10 e? specificatamente preordinato ad impedire che venga offesa la dignita? della persona.

Questo perche? ognuno deve assumersi la proprie responsabilita?: i giornalisti non possono essere responsabili anche della pubblicita?. Senza contare la difficolta? per le imprese a mantenersi in piedi.

Diventa spesso molto difficile rinunciare a dei contratti in assenza di linee guida chiare. La nostra testata ad esempio, anche nel recentissimo passato, si e? rifiutata di pubblicare alcune particolari pubblicita?. Allo stesso tempo le pubblicita?, che sono chiaramente distinte dalle notizie, sono slegate ne? sono espressione dalla linea editoriale. Tanto e? vero che della linea editoriale risponde un direttore responsabile, mentre della pubblicita? si occupa un commerciale che e? figura completamente diversa. Il tema naturalmente e? fortemente dibattuto. In Italia ancora oggi ci si chiede se un giornale debba o possa pubblicare gli annunci “pseudo erotici”, dove ad esempio si propongono “accompagnatrici” o “massaggia- trici”. Quando poi una immagine puo? essere definita lesiva della dignita? di chicchessia? In alcuni casi la risposta e? palese. In altri no. E allora le pubblicita? che sempre piu? spesso vedono protagonisti minori? Insomma c’e? il rischio concreto di sfociare in una censura indiscriminata se si fa entrare di tutto nel calderone. Ancora, si puo? rischiare l’effetto contrario. Grazie a Dio invece, non abitiamo in quei Paesi dove e? in vigore una costituzione religiosa, dunque una donna e? liberissima di girare scollata e di mettere in mostra le gambe senza che nessuno la debba etichettare o molestare.

Arrivando al caso in questione – detto che la medesima pubblicita? e? stata pubblicata anche da altre testate – dobbiamo dire che per quanto ci siamo sforzati non ci abbiamo trovato nulla di particolarmente scabroso.

C’e? una bella ragazza che si adagia su alcuni veli, come a dire “non ho bisogno di altro se non di questi capi”. Non ci sembra ne? sconcia,
ne? offensiva. Potremmo dire che basterebbe accendere qualsiasi tv o aprire qualsiasi giornale italiano o sito internet per trovare molto di peggio: ma noi guardiamo in casa nostra. E restiamo comunque convinti che l’iniziativa dell’Authority rappresenti un modo per innescare un costruttivo dibattito e alzare nuovamente l’attenzione sul tema.

Proprio per questo motivo abbiamo deciso di aprire il giornale con una notizia che potrebbe essere percepita come contro di noi (ovviamente cosi? non e?): ulteriore e concreto attestato della vicinanza di Tribuna e dell’attenzione della nostra testata al prezioso e insostituibile lavoro dell’Authority.

Attenzione pero? a non finire, come si dice, dall’altra parte: fare passare per lesivo della dignita? femminile cio? che non lo e? ci avvicina a quel burqa o a quel velo islamico integrale – che qualcuno vorrebbe imporre – cosi? lontano dai nostri valori occidentali.

In ogni caso come detto il dibattito resta apertissimo e ci piacerebbe che partiti, associazioni e lettori vi partecipassero. Allo stesso tempo si potrebbe cogliere l’occasione per istituire anche a San Marino una autorita? di autodisciplina della pubblicita? in collegamento con l’Authority. Infine, pur non condividendo la richiesta dell’Authority in questo singolo e particolare caso, ci impegniamo sin d’ora e ancora prima della pronuncia del magistrato a non pubblicare piu? tale pubblicita?.

In attesa di interventi o linee guida piu? chiare pero?, per il futuro, chiediamo e auspichiamo una interpretazione piu? “europea” da parte dell’Authority di quanto ritenuto “dignitoso” e quanto invece no, nell’interesse delle donne stesse. Rimarcando ancora una volta che noi di mestiere facciamo i giornalisti e dovremmo rispondere dei pezzi che scriviamo e non certo della pubblicita? della testata. La Tribuna