DOSSIER E VIDEO CSU SU LAVORO NERO

INFORMAZIONI E PROPOSTE
16 SETTEMBRE 2010

CONTRASTO AL LAVORO NERO
Informazioni
Il contrasto al lavoro nero e più in generale all’illegalità nei rapporti di lavoro, è a carico principalmente dalla Sezione Ispettorato dell’Ufficio del Lavoro.
Le visite ispettive negli ultimi anni sono decisamente incrementate: si passa infatti dalle 309 del 2005 alle 5.394 del 2009. Nei primi 8 mesi del 2010 sono state eseguite 3.595 ispezioni.
Visite ispettive


Per quanto riguarda invece le contestazioni, nel periodo considerato ammontano a 1.066, mentre la media del rapporto fra ispezioni e contestazioni è del 5,8%. Ciò significa che mediamente su 100 ispezioni, in circa 6 aziende l’ispettorato contesta un’irregolarità, che nella stragrande maggioranza riguardano il lavoro in nero.
La quantità di dipendenti irregolari rilevati nel periodo 2005 – 2009 ammonta a 607 unità, nei primi 8 mesi del 2010 sono addirittura 290. Un’impennata, quest’ultima, che coincide con la crisi che attraversa la nostra economia.
Contestazioni per settore, periodo 2005 – Agosto 2010

E’ il settore dei servizi che fa registrare il numero più alto di contestazioni, con 488 aziende interessate e circa 300 lavoratori in nero individuati. Da tenere presente che nel settore dei servizi operano quasi 4.000 imprese, fra cui 2.000 società che mediamente occupano 1,3 lavoratori, quindi piccole aziende con una bassissima densità occupazionale. Segue il commercio con 279 denunce e 225 lavoratori non in regola. Nelle aziende industriali, a fronte di 107 ingiunzioni, sono stati individuati 114 casi di lavoro irregolare. Nell’edilizia i numeri non si discostano di molto, con 91 contestazioni e 98 lavoratori irregolari.

Le contestazioni naturalmente non si traducono automaticamente nella riscossione delle sanzioni pecuniarie poiché i ricorsi al Tribunale Amministrativo sono spesso accolti. Questo comporta un mancato introito per le casse dello Stato: sarebbe interessante conoscerne l’entità.

INFORTUNI SUL LAVORO

Informazioni
Analizzando i dati sugli infortuni sul lavoro emerge con chiarezza una netta tendenza alla diminuzione, infatti si passa dai 1.124 infortuni del 1991 ai 614 del 2008 (Ultimo dato disponibile). In particolare, per tutti gli anni ’90 gli incidenti si sono mantenuti stabili su valori superiori alle mille unità, mentre negli anni 2000 si è avuta una decisa inversione di tendenza registrando una media annua di 792 infortuni.

Infortuni 1991 – 2008

Tuttavia, tenendo conto che nel periodo considerato la dinamica occupazionale è aumentata in maniera considerevole, può risultare utile mettere in relazione il rapporto esistente fra infortuni e occupati. Si passa dai 14,5 infortuni ogni 100 lavoratori del 1991 ai 3,9 del 2008.

Negli anni 1991 – 1998, periodo antecedente all’entrata in vigore della legge quadro 31/’98, l’incidenza degli infortuni in relazione agli occupati è diminuita del 33% mentre nel periodo successivo il rapporto è passato da 9,7 del 1999, al 3,9 del 2008 registrando una diminuzione di quasi il 60%.

Infortuni ogni 100 lavoratori

Lo stesso ragionamento eseguito sui due settori economici a maggior rischio infortuni, cioè l’industria e le costruzioni, vede una dinamica simile. Nel settore industriale si passa da un’incidenza di 6,6 infortuni ogni 100 lavoratori registrata nel 1999, ai 3,8 del 2008. Nel settore edile e dell’impiantistica si registra un rapporto del 15% nel 1999 e del 3,9 nel 2008.

Riguardo alla gravità degli infortuni, si rileva che nel periodo 1998 – 2008 non si sono registrate variazioni significative: l’80% degli infortuni rientrano nella fascia fino ai 10 giorni di prognosi, mentre l’11% si colloca nella fascia dai 10 ai 20 giorni. L’8% riguarda gli infortuni più gravi con oltre 20 giorni di prognosi. 

Diversa invece la dinamica sugli infortuni mortali: Negli anni ’90 si è registrato una media di quasi un morto sul lavoro ogni anno, negli ultimi 10 anni (2000 – 2010) il fenomeno è diminuito con quattro decessi, che pesano comunque come un macigno  sulla coscienza civile di un intero Paese.
Questi dati indicano come le norme antinfortuni (legge 31/’98 e decreti applicativi) abbiano avuto un impatto sicuramente positivo, anche se, al di la dei numeri tale miglioramento deve tenere conto dei cambiamenti strutturali della nostra economia: basti pensare che negli ultimi anni i tre quarti dei flussi occupazionali si sono diretti nel terziario, quindi in attività in cui il rischio infortunio è decisamente minore.

Va sottolineato il fatto che da una lettura degli ultimi quattro incidenti mortali, tre vittime lavoravano in nero, due addirittura nella stessa azienda, mentre il quarto lavoratore è deceduto a causa della mancata applicazione delle più elementari norme di sicurezza nei cantieri. 
Lavoro nero e sicurezza, le proposte
· E’ inaccettabile l’interpretazione che la magistratura adotta nei confronti di quelle aziende in cui vengono denunciati lavoratori in nero. Si riscontra che il Tribunale Amministrativo da tempo accoglie i ricorsi delle imprese sanzionate da parte dell’Ispettorato del Lavoro applicando di fatto una normativa non sammarinese. Quindi si propone di introdurre una procedura che per i reati relativi al lavoro illegale preveda un iter progressivo: una congrua sanzione pecuniaria, in caso di recidiva l’aggravamento della sanzione con sospensione temporanea dell’attività e, in caso di recidiva reiterata, la sanzione penale a carico del datore di lavoro.
· Contestualmente si rende necessario dotare di poteri di polizia giudiziaria gli ispettori dell’ufficio del Lavoro.
· Istituzione di un numero verde “SOS lavoro” per fornire segnalazioni anche in forma anonima, di gravi irregolarità nel mondo del lavoro al fine di attivare tempestivamente sia controlli ispettivi sul lavoro nero, che interventi del Servizio Igiene Ambientale in materia di sicurezza antinfortuni.
· Introduzione di una tessera del lavoro per rendere immediatamente identificabile con i dati dell’Istituto Sicurezza Sociale i lavoratori dipendenti.
· Rilanciare l’aspetto partecipativo della legge 31/’98 in particolare della figura del Rappresentante dei Lavoratori alla Sicurezza (RLS) indicendo elezioni ove è necessario e contemporaneamente mettendo in cantiere iniziative formative volte a professionalizzare tale figura.
· Addivenire ad un accordo con le associazioni di categoria per istituire la figura del Rappresentante dei lavoratori alla Sicurezza di comparto, per le aziende con meno di 10 dipendenti (Comma 1 Art. 14 Legge 31/’98) per garantire la presenza dell’RLS nelle piccole aziende.
· Istituire un tavolo tecnico Governo, Sindacato e Associazioni imprenditoriali per fare il punto sull’applicazione delle normative antinfortuni e sull’opportunità di emanare i decreti applicativi mancanti, sia quelli di carattere procedurali che quelli più tecnico scientifici.
· Concretizzare l’azione di informazione e indirizzo del Servizio Igiene Ambientale nei confronti delle organizzazioni sociali (art. 25 legge 31/’98).
· Dare seguito agli impegni (art. 26 legge 31/’98) che competono al SIA di pubblicare un rapporto annuale sullo stato della salute e della sicurezza sul lavoro e alla Segreterie alla Sanità e al Lavoro di indire una conferenza con le forze sociali per dibattere i temi del rapporto.
· Aggiornare la parte sanzionatoria in modo tale da innalzare il livello di deterrenza sul rispetto delle norme sulla sicurezza e modificare le procedure per la celebrazione dei processi affinché non vadano archiviati o cadano in prescrizione. Si denuncia infine il problema legato alle prognosi degli infortuni più gravi, con una tendenza sempre più marcata da parte dei medici a non superare i 30 giorni come prima prognosi, che farebbero scattare il procedimento penale d’ufficio. Tutto ciò è aggravato dal fatto che si ripetono casi di abbassamento della prognosi per via giudiziaria in quanto il tribunale ha accolto perizie di parte aziendale che di fatto hanno vanificato il periodo di inabilità.

La CSU teme che a fronte di una situazione di difficoltà economiche senza precedenti, come è l’attuale, ci sia un serio pericolo che la sicurezza e la salute vengano “accantonate”, soprattutto dove è ancora accentuata l’inosservanza delle regole e la sottovalutazione dei rischi per i lavoratori.
La difesa della vita non può essere in alcun modo merce di scambio e la CSU ritiene indispensabile tenere sullo stesso piano la lotta per l’occupazione ed il lavoro regolare e la difesa dei diritti fondamentali, compreso quello della salute, che va esercitato con forza in tutte le circostanze e situazioni.
Non è possibile accettare frasi di circostanza di fronte alle morti sul lavoro e degli infortuni, che riconducano queste tragedie alla “fatalità” o al “destino impietoso”, perché sappiamo che dietro ad ogni infortunio c’è un’inosservanza, un mancato addestramento, una mancanza di formazione, un macchinario o una procedura non conformi.
Non possiamo in alcun modo condividere le tesi che addebitano ai lavoratori la “disattenzione” ad originare la causa degli infortuni, quando sappiamo in che condizioni spesso sono costretti ad operare.
Per raggiungere questi obiettivi, è necessario un forte impegno da parte delle istituzioni. Per questo la CSU ha da tempo chiesto un incontro al Segretario di Stato alla Giustizia, che a distanza di mesi, incomprensibilmente, non ha ancora risposto.
Per affrontare con più efficacia la stretta connessione fra lavoro nero e sicurezza, la Centrale Sindacale Unitaria si impegna a mettere in campo una fase di riorganizzazione della rappresentanza sui posti di lavoro, attraverso il potenziamento sul territorio delle strutture di base, che oltre a svolgere il proprio ruolo all’interno delle aziende per l’applicazione dei contratti e delle leggi, dovranno attivare una vigilanza sui fenomeni distorsivi nei rapporti di lavoro, in particolare sul lavoro nero.