E.C.S.O.: Casinò non è un tempio demoniaco

Da diversi anni l’argomento ricorre intermittente spaccando il Paese in due tra i suoi sostenitori ed i detrattori. Fino ad oggi la politica ha risposto in modo vago, ma di fronte ai numeri della crisi, il partito dei sostenitori si sta sempre più ampliando e prendendo forza proponendo senza mezze misura l’apertura in Repubblica di un Casinò ( magari gestito dalla Giochi del Titano ) Prima di analizzare la questione sociale attinente all’apertura di una simile attività è lecito tuttavia partire da un presupposto: un Casinò non è un tempio demoniaco e sarebbe bene accantonare tutte quelle mode anacronistiche che vedono queste strutture come luoghi di perdizione oppure come crocevia di attività illecite. Un Casinò oggigiorno è un’attività imprenditoriale che produce profitti (non pochi) e genera posti di lavoro (non pochi), facendo interagire diversi operatori economici capaci di innescare, tra servizi offerti direttamente e quelli relativi all’indotto, un volano che in alcuni casi regge in piedi le economie di intere aree geografiche. Ciò non toglie che ad una simile attività si debbano comunque imputare degli effetti collaterali negativi che sarebbe meschino nascondere, essi non vanno assolutamente trascurati ed anzi prevenuti anche a scapito del ritorno economico. Pensare ad un Casinò come ad una sala da gioco implementata per racimolare soldi da mettere nei forzieri del Titano sarebbe un grosso errore. Il modello del progetto infatti non si deve concentrare tanto sulla sala da gioco quanto su un sistema articolato di operatori connessi che comprenda, oltre ad essa, anche hotel, ristoranti, negozi, spazi per eventi ed un accogliente centro benessere, un vero e proprio resort turistico. Il modello di riferimento potrebbe essere rappresentato dal Perla di Nova Gorica, un complesso a cui non manca nulla: sala da gioco da 12.000 mq, hotel 5 stelle, 4 ristoranti, lounge bar, discoteca, centro congressi, arena spettacoli e una SPA da 1.500 mq, tutto in unica struttura, probabilmente la più completa a livello europeo costruita attorno ad un Casinò. Struttura che ha portato non poca ricchezza in una cittadina rurale di soli 30.000 abitanti, con incassi stimati per il 2010 pari a 170 milioni di euro di cui 140 imputabili alla sala da gioco e gli altri alle attività ricettive con centinaia di migliaia di clienti attirati anche dagli eventi organizzati presso l’arena spettacoli con protagonisti alcuni dei più importanti interpreti italiani del mondo musicale e del cabaret. Se si osserva la clientela del Perla d’altronde si nota come essa esuli dall’identikit tipico del giocatore d’azzardo e si estenda ad una moltitudine di persone di vario ceto sociale o età anagrafica, in alcuni casi addirittura intere famiglie, segno tangibile che ad attrarre non è solamente il Casinò ma anche una struttura ricettiva in grado di offrire soggiorni all’insegna del benessere. I numeri del progetto sono notevoli, infatti basta analizzare qualche numero per rendersi conto del fenomeno di cui stiamo parlando: in Italia esistono solamente 4 Casinò (Venezia, Campione, Saint Vincent e Sanremo), il cui fatturato netto complessivo del 2009 si aggira sui 450 milioni per un numero di ingressi superiore ai 3 milioni di persone. Cifre che di per sé dovrebbero esser sufficienti ad imporre delle riflessioni ma se ci guardiamo oltre confine entriamo in contatto con realtà disarmanti. Nonostante la superficie territoriale decisamente inferiore a quella italiana la Svizzera conta ben 19 case da gioco, l’Austria 12, la Slovenia 8 e persino la piccola isola di Malta 4. Le economie di questi Stati non solo traggono enorme beneficio dall’industria del gioco d’azzardo ma lo fanno con soldi italiani! poiché molti dei loro clienti sono proprio italiani “insoddisfatti” della scarsa offerta di case da gioco disponibile lungo lo stivale. L’eventuale apertura a San Marino di un complesso del divertimento costituirebbe un elemento destabilizzante della geografia del gioco d’azzardo in quanto intercetterebbe probabilmente tutto il flusso di giocatori del Centro e Sud Italia, elemento che dovrebbe far riflettere sulla potenziale riuscita del progetto. I dati italiani del 2009 nonostante sia stato un anno di crisi anche per il settore del gioco con una perdita di introiti superiore al 7%, riportano una media per struttura di oltre 110 milioni di incassi e 750.000 clienti, così suddivisi: Venezia 164 milioni e 1.080.000 clienti, Campione 118 milioni e 670.000 clienti, Saint Vincent 95 milioni e 590.000 clienti, Sanremo 78 milioni e 720.000 clienti. Un problema potrebbe essere rappresentato dalla convenzione di Amicizia e Buon Vicinato del 39 e dall’acccordo aggiuntivo con l’Italia disciplinato nel 1953. Secondo l’Art. 47 comma 4 di tale documento la Repubblica di San Marino si è assunta l’impegno di vietare l’istituzione di case da gioco nel proprio territorio mentre l’Art. 52 sancisce, per il Governo Italiano, l’onere di risarcire San Marino per la rinuncia di cui sopra con la somma di 150 milioni di lire annui, corrispettivo poi aggiornato al valore di 2 miliardi di lire annui a partire dal 1970 senza limiti temporali od economici. Sarebbe interessante sapere se queste somme siano state e vengano tuttora versate perché se così non fosse ciò costituirebbe una violazione all’accordo, probabilmente sufficiente ad invalidarlo, comunque San Marino e l’Italia hanno reciprocamente annullato la validità di tali accordi più volte al punto di far dire ad i importanti legali che il divieto di aprire una casa da gioco in Repubblica è decaduto da tempo. Ma la questione italiana non è l’unico ostacolo all’apertura di un Casinò a San Marino perché prima occorre affrontare e dissipare i dubbi interni legati ad una simile attività, da una parte della popolazione considerata immorale e pericolosa. Questi dubbi concernono fondamentalmente la sicurezza, intesa come rischio di proliferazione di attività criminali e la sindrome da gioco, intesa come rischio di fenomeni patologici che portino alla distruzione di patrimoni personali. Non si tratta di dubbi astratti, questi problemi esistono e sono spesso associati a simili attività ma questo non significa che non possano essere contrastati. Partendo dalla prima, la sicurezza deve essere garantita, oltre che da personale specifico all’interno del Casinò, anche da un necessario ampliamento delle forze dell’ordine pubbliche per monitorare il flusso pendolare dei giocatori mentre il censimento e la registrazione degli accessi consentirebbe di controllare l’eventuale infiltrazione malavitosa prevenendo il rischio di attività illecite come il riciclaggio di denaro. Per quanto concerne la sindrome da gioco invece, forse l’elemento che maggiormente spaventa la popolazione, si potrebbero elaborare strumenti atti alla prevenzione del fenomeno come una tessera elettronica identificativa in grado di registrare accessi, vincite e perdite sancendo per esse dei limiti oltre i quali l’ingresso in sala non sarebbe più consentito. Altre forme di prevenzione poi potrebbero essere sviluppate di concerto con le associazioni di tutela dei giocatori.