E’ stampa contro la libertà. Non è libertà di stampa. … di Sergio Pizzolante

Ho scritto un articolo per la Rivista “Civiltà Socialista”, per analizzare quanto la stampa italiana, giornali e Tv, incide sull’ imbarbarimento della democrazia italiana.
Sulla sua involuzione a suk, a mercato di cianfrusaglie e materiali velenosi. Che inquinano la democrazia, la deformano, la debilitano, la annullano.
Perché, come diceva Giovanni Sartori, la democrazia è demo-sapere o non è.
E in Italia non è. Nell’articolo lo spiego.
Ma l’articolo l’ho scritto qualche giorno fa. Prima dello scandalo sui dossier sui ministri, i politici, compagne dei politici ed altri.
Un tenente della finanza, in maniera illecita, compulsa la banca dati dell’anti mafia, dove opera, per raccogliere informazioni sensibili su vari personaggi politici, membri di governo, quasi tutti di centro destra più Conte, più Renzi, nessuno del Pd, mentre sta per formarsi il Governo Meloni.
Informazioni sensibili, private, che poi vanno sul giornale di De Benedetti, quello che da “La Repubblica” in poi fa la morale a tutti noi da San Moritz, in Svizzera, dove paga le tasse.
La tessera numero 1 del Pd.
Il “padrone” illuminato del Pd, subito ossequiato dalla Schlein, Svizzera anche lei, appena eletta.
Oggi è editore de “Il Domani”, dove pubblicano le informazioni reperite illecitamente dal tenente.
Scandalo pazzesco.
I giornalisti e il Pd dicono che è libertà di stampa. Una balla colossale.
E’ la ricerca di presunti illeciti dei politici della parte avversa, attraverso esercizi illeciti.
Il Tenente non può fare quelle ricerche su uno di noi, senza che un magistrato abbia avviato una inchiesta. Non può farlo.
Se lo fa commette un illecito gravissimo. E se un giornale lo pubblica non può non sapere che sta pubblicando una roba ottenuta illecitamente.
Libertà di stampa o di sputtanamento?
E poi, il tenente ha sollecitato il giornalista o è successo, e succede, il contrario?
Lo stesso ragionamento vale nel rapporto fra giornalisti e magistrati.
In Italia i processi si fanno nelle piazze e in televisione e sui giornali.
Le notizie ottenute così, da atti illeciti, vanno nel frullatore del processo mediatico. Dove c’è la sentenza immediata, anticipata. Dove si avvelena tutto. Poi della sentenza effettiva, 10 anni dopo, non interessa a nessuno.
Libertà di stampa? E’ stampa contro la libertà.
Guardate le trasmissioni Tv di questi giorni sull’argomento. Giornalisti che intervistano giornalisti. Si fanno l’occhiolino. Sorridono sotto i baffi.
Poi arriva Mieli, da Porro, e tranquillizza tutti: cari ragazzi finirà tutto in nulla, tranquilli.
Mieli, il gran maestro, della stampa contro la libertà. Da Tangentopoli in poi.
STAMPA E DEMOCRAZIA
Sergio Pizzolante
Rivista “Civiltà Socialista”.
Possono essere la stampa, l’informazione, i giornali, i giornalisti, i talk televisivi, fra i principali responsabili del deperimento dei sistemi democratici? Possono.
Può essere l’Italia avanguardia negativa, di una involuzione della democrazia per responsabilità, anche, dell’informazione che si auto definisce, impropriamente, libera? Può.
Mi ha fatto sorridere una affermazione, nella trasmissione della Gruber, dell’economista italiana, Marianna Mazzuccato, che oggi vive a Londra, dove insegna. Lei economista, si trova fra tre giornalisti, che dibattono, animatamente fra loro, li guarda divertita. Poi dice una cosa, solo apparentemente divertente: strano format, giornalisti che dibattono fra di loro, in Inghilterra non succede, non può succedere. In Inghilterra i giornalisti fanno i giornalisti, intendeva dire.
In Italia i giornalisti fanno tutto. Di tutto.
Sono tutti opinionisti ovunque. In qualsiasi ora del giorno e della notte. Fanno libri a getto continuo, sempre in buona vista nelle apparizioni Tv, quasi sempre a pagamento. Se conducono loro, appaiono i libri dei conduttori ospiti. Poi ricambiati.
Fanno politica, si sostituiscono ai politici, sono i nuovi politici, politici tuttologi, hanno una opinione su tutto, si intendono, spesso, di nulla.
Ricordo Formigli, in un dibattito al Premio Ilaria Alpi a Riccione. La tesi era semplice: non invito i politici in trasmissione. Sono screditati, fanno perdere audience.
Ora, la cosa è curiosa, i giornalisti, i conduttori televisivi soprattutto, hanno impiegato il loro tempo, negli ultimi trent’anni, a screditare i politici, poi non possono usarli più in trasmissione. Perché non fanno il bene delle trasmissioni. Invito i leaders disse, più o meno, Formigli, non se ne può fare a meno. Prima di consumare anche loro. E il consumo e’ cosa veloce. Leader, partiti, che durano il tempo di una, due, tre stagioni televisive.
Leaders spesso creati, usati, nei talk, poi gettati, dai talk.
Loro, i giornalisti, i conduttori, dicono che è il loro mestiere, fare le pulci, il contropelo, ai potenti. Ma chi sono i potenti? Nell’epoca della telegrazia e della democratura? I politici che nemmeno vengono invitati in trasmissione perché screditati dalle trasmissioni o gli idoli, le star, delle trasmissioni, da trent’anni in qua, dai Di Pietro ai Davigo, sino a Gratteri?
Chi è potente oggi in Italia? Ricordiamo Palamara, il “sistema del tre”. un procuratore della repubblica, un giornale amico, un partito( si fa per dire) che fiancheggia e si possono far cadere governi. Interrompere legislature, azzerare giunte comunali e regionali.
Ci sono più magistrati nelle trasmissioni televisive che nei tribunali.
E allora si capisce come uno scandalo gigantesco, che ha dimezzato il Csm, dopo il caso Palamara, passa quasi sotto silenzio. E allora si capisce come i giornalisti, dei giornaloni nazionali, indicati con nome e cognome nell’ultimo libro di Alessandro Barbano, “La Gogna”, come partecipi, delle trame delle correnti politiche della magistratura, continuano ad imperversare nei talk.
E allora si capisce perché, come mai, Palamara, si autodenuncia, nei suoi libri, raccontando trenta, dicasi trenta, episodi di reato, finalizzati ad influenzare, più volte, il corso della politica e della democrazia, nel silenzio della stampa e dei talk. E dei tribunali. E allora si capisce perché i verbali degli interrogatori degli imputati e anche di chi imputato ancora non è, vanno in presa diretta nei giornali e nelle trasmissioni, anche quando è reato senza che mai, mai, si scopra il reo. Senza che mai, mai, un giornalista dica che il re è nudo, dica che quando si compie il reato di un interrogatorio che va sui giornali li c’è un reato. Un reato certo per denunciare un reato presunto. Che distrugge carriere e partiti e vite ma fa crescere l’audience delle trasmissioni.
Dov’è il potere? Chi è potente?
Quante trasmissioni sui veri potenti? Quante inchieste giornaliste?
E quando l’ottimo onorevole Costa fa approvare un emendamento per limitare lo scempio dei veri potenti che passeggiano sulle vittime, nelle nuove piazze della gogna pubblica, si grida al bavaglio. Non possiamo più informare i cittadini sull’operare dei politici. Dicono.
Ma chi informa sull’operare di quella che Savino Cassese chiama la Magistratura Governante?
Mattia Feltri ha scritto sullo stato della giustizia italiana.
Dal 1959 al 2018, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ha condannato l’Italia 2mila383 volte, più della Turchia e della Russia. Molto di più. Nel 2020 l’Italia è il Paese con 2 mila e due cento sentenze della Cedu, non rispettate. Anche qui, più della Turchia e della Russia.
Le motivazioni: durata irragionevole dei processi, sovraffollamento delle carceri, inosservanza delle norme sul giusto processo, trattamenti inumani e degradanti e così via.
Un esempio, scrive Feltri, una delle ultime condanne e’ per detenzione illegale di una minorenne Ghanese, con disturbi psichici, vittima di violenza sessuale.
Il trattamento subito da Ilaria Salis, da parte della giustizia ungherese e’ inaccettabile e intollerabile.
Quel che è successo ad una ragazza ghanese in Italia pure.
La giustizia ungherese non è giustizia.
Quella italiana pure.
Notizie sulla stampa italiana?
Quante trasmissioni sulle tv italiane sulla ragazza ghanese?
Quante sullo stato della giustizia italiana condannata più della Turchia e della Russia?
Nessuna.
Un grande studioso dei sistemi democratici diceva che la democrazia è “demo sapere”, senza sapere la democrazia evapora.
In Italia non è dato sapere. Non sempre. Non su tutti. Non sui veri potenti.
Sergio Pizzolante