Ecco a cosa pensava il governo mentre scoppiava il Covid-19

La scorsa settimana l’ennesima nave carica di immigrati irregolari è stata fatta sbarcare in Sicilia, al porto di Augusta; sono infatti ben 373 le persone prelevate da gommoni in difficoltà e caricate dalla Ocean Viking della Sos Mediterranee che ha poi chiesto di attraccare in Italia a causa del progressivo peggioramento delle condizioni marittime: “Nel Mediterraneo centrale il meteo sta rapidamente peggiorando. Molte persone hanno il mal di mare. Le onde si stanno alzando e non c’è modo di ripararsi. C’è bisogno urgente di un porto sicuro”.

Porto sicuro che il Ministero dell’Interno non ha esitato a fornire, permettendo così lo sbarco. Tutto ciò nonostante il fatto che nel contempo, a causa del Covid, gli italiani sono oggetto di restrizioni di vario tipo a causa del Coronavirus e gli spostamenti tra regioni e anche tra Paesi sono fortemente limitati. Insomma, il governo italiano non ha alcuna intenzione di fermare gli sbarchi di irregolari, nemmeno con l’emergenza sanitaria e la conseguente pesante crisi economica che sta investendo il Paese. L’Italia resta “porto aperto” a prescindere.

Nulla di sorprendente considerato che da quando Luciana Lamorgese è ministro dell’Interno, gli sbarchi di immigrati clandestini sono triplicati rispetto al periodo di Salvini: 314.134 contro gli 11.471 del 2019. Lo scorso luglio gli arrivi erano già incrementati del 148%. Secondo gli ultimi dati, nelle strutture di accoglienza sono presenti 80.905 immigrati, più altri 650mila irregolari circa, liberi di circolare per il territorio. Viene inoltre segnalato un incremento degli arrivi dalla Tunisia, Paese in preda a forte crisi economica, ma certamente non in guerra, così come non lo sono la Nigeria, il Gambia, l’Algeria e il Bangladesh.

A quasi un anno da inizio pandemia, in Italia non si è ancora trovata una soluzione al sovraffollamento dei trasporti pubblici, i vaccini non sono ancora disponibili in quantità sufficiente, le scuole e le università non riescono a tornare a ritmo normale, si continua a martellare la cittadinanza con l’importanza delle restrizioni, ma non vi è alcun problema a far sbarcare irregolari e a trovare le risorse per le “navi quarantena” e per i centri di accoglienza.

Attenzione però, perché persistere in tale direzione significa rischiare di generare pesanti ripercussioni su economia ed ordine pubblico in un momento in cui la situazione è estremamente critica e prevedibilmente in peggioramento nei prossimi mesi.

Crisi economica ed emergenza criminalità

Secondo quanto reso noto dal Ministero dell’Interno, nel 2020 in Italia si sarebbe registrato un calo dei delitti ma un incremento dei reati online. Questi dati vanno però valutati nell’assoluta particolarità della situazione in quanto, tra marzo e l’inizio del periodo estivo, le strade erano praticamente deserte a causa del lock-down totale e dunque i reati per forza di cose sono diminuiti.

Questo improvviso calo dovuto a situazione forzata rischia però di generare un effetto opposto, con un notevole incremento dei reati in concomitanza con le progressive (seppur sempre limitate) riaperture e con in arrivo una pesantissima crisi economica causata da lock-down e restrizioni. Un aspetto questo che non sembra cogliere particolare attenzione in questo momento, ma che a partire dai prossimi mesi potrebbe diventare una vera e propria emergenza.

Basti pensare che a Milano, città che ha particolarmente sofferto economicamente a causa delle restrizioni, tra il 18 e il 27 gennaio 2021 sono state registrate almeno dieci rapine (praticamente una al giorno), due delle quali nella centralissima via Torino, dove sono stati presi d’assalto un chiosco e una gioielleria. Tra gli arrestati ci sono sia cittadini italiani che stranieri.

Numeri che non possono non preoccupare e che lasciano presagire un peggioramento per il 2021. E’ chiaro infatti che con in giro un maggior numero di persone senza lavoro e senza adeguate forme di sostentamento, dunque ai margini, ai quali vanno ad aggiungersi anche un elevato numero di neo-arrivati immigrati irregolari senza fissa dimora in giro per il territorio, alcuni dei quali già dediti ad attività criminali come furti, rapine e spaccio, vi è il rischio concreto di un picco di reati. E’ bene inoltre tener presente che molti degli irregolari giunti in questi mesi in Sicilia e nel nord-est incontreranno non poche difficoltà nel raggiungere gli altri Paesi europei, a causa dei severi controlli ai confini con la Francia, la Svizzera e l’Austria e saranno quindi costretti a restare in Italia.

L’emergenza criminalità è fortemente percepita da una cittadinanza che non si sente tutelata dallo Stato e non a caso già lo scorso maggio era emerso un incremento delle vendite di armi da fuoco per la difesa personale, come già riportato dal Sole24 Ore. Una situazione incandescente che rischia di esplodere insomma.

L’infiltrazione di jihadisti

Un altro aspetto noto oramai da anni ma che non è risultato sufficiente a far prendere provvedimenti al governo è l’infiltrazione di jihadisti a bordo di barche e motoscafi provenienti da Libia e Tunisia. Un fenomeno su cui si è ampiamente discusso, con tanto di dati alla mano. L’ultimo di questi è Brahim Aouissaoui, l’attentatore che lo scorso 29 ottobre ha ucciso tre persone, decapitandone una, presso la Cattedrale di Nizza. Il soggetto in questione era arrivato a Lampedusa lo scorso settembre su di un barcone e trasportato a bordo della nave-quarantena “Rhapsody” al porto di Bari dove era stato foto segnalato dalla Polizia e e poi lasciato libero di raggiungere la Francia.

Del resto Aouissaoui non è l’unico ad essere transitato per l’Italia; avevano fatto altrettanto Anis Amri (l’attentatore del mercatino di Natale di Berlino del 2016), Zahir Hassan Mahmoud, il pakistano che lo scorso 25 settembre aveva ferito quattro persone fuori dell’ex sede di Charlie Hebdo a Parigi, anch’egli passato per l’Italia e giunto in Francia come “rifugiato”. Ci sono poi i gambiani Sillah Ousman e Alagie Touray, che avevano preso parte a un addestramento militare in un campo mobile jihadista in Libia ed erano pronti a compiere attentati in Europa.

Il 13 agosto 2018 le autorità tunisine fermavano poi un gruppo di jihadisti in procinto di imbarcarsi su un gommone, assieme a una decina di irregolari, tutti diretti sulle coste siciliane. Due mesi dopo, un tunisino di 25 anni, arrivato a Lampedusa a luglio e ospite di un hotspot del posto, veniva riconosciuto da un suo connazionale che lo indicava alle autorità come ex combattente dell’Isis in Siria.

Nonostante ciò, per lungo tempo esponenti politici come Renzi, Gentiloni, Pinotti ed Alfano hanno sostenuto che i jihadisti non arrivavano via mare, teoria ormai ampiamente confutata, ma le imbarcazioni continuano ad approdare sulle coste siciliane.

In sunto, il governo di un Paese in preda a una pandemia e a una conseguente e pesantissima crisi economica e sociale, la prima cosa che dovrebbe fare è chiudere gli ingressi agli irregolari e utilizzare tutte le risorse economiche possibili per la sanità, il trasporto pubblico, il sociale e per il rilancio economico. Curiosamente però per il fenomeno dell’immigrazione irregolare sembrano valere tutt’altre regole e nemmeno pandemie, emergenze socio-economiche e rischio terrorismo sembrano sufficienti a convincere l’esecutivo a chiudere i porti e reindirizzare le risorse economiche. Ovviamente le conseguenze si manifesteranno nei mesi a venire.

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