Ecco la rete che protegge gli stupratori della spiaggia

Pusher stranieri controllano le piazze più a rischio della città: è la “Kebab connection” che copre la banda

Una rete di protezione, un mutuo soccorso tra «colleghi» di spaccio, gente che si muove lungo la Riviera Romagnola nella stagione estiva quando gli affari sono al top. Gente come la «banda» dei quattro stupratori, che le vittime descrivono come nordafricani, che dopo aver violentato la ragazza polacca, malmenato il suo ragazzo, violentato e rapinato un trans peruviano sulla statale Adriatica, hanno fatto perdere le loro tracce.

La polizia ha almeno le impronte digitali di uno di loro e il Dna degli altri, oltre alle immagini delle telecamere che riprendono gli spostamenti del branco dopo la prima aggressione, al bagno 130, a Miramare, solo poche decine di metri rispetto all’affollato lungomare.

E il timore è che i quattro, probabilmente under 30 già noti alle forze dell’ordine, possano dileguarsi nonostante la frenetica caccia all’uomo proprio grazie alla «rete» sommersa dei pusher che alimentano il mercato estivo delle droghe, tra party e discoteche, rendendo le spiagge e certi quartieri di Rimini pericolosi, infrequentabili, sopratutto la sera. Nel 2013 una maxioperazione, chiamata «Kebab Connection», sgominò una rete di spaccio a Borgo Marina. E l’anno scorso, in inverno, la municipale concesse il bis con «kebab 2», operazione antispaccio che terminò con 87 richieste di misure cautelari dopo aver passato al setaccio la città, dal campo nomadi di via Islanda ai residence e agli edifici abbandonati sul lungomare: finirono dietro le sbarre in 45, 42 dei quali maghrebini.

Su chi possa aiutare la banda a far perdere le proprie tracce né in questura né in procura ci si sbilancia. Questa fase delle ricerche è troppo delicata, ogni fuga di notizia è vista come una minaccia alle indagini. E il timore, nemmeno troppo sottinteso, è di rischiare il bis del clamoroso flop della caccia a Igor il russo, il killer del barista di Budrio che si è sottratto alle ricerche costringendo a interromperle dopo una frustrante partita a scacchi durata mesi. Qui ora si cerca di lavorare nel sottobosco delle colonie marine abbandonate che offrono rifugio a clandestini e spacciatori. In una di queste, a Riccione, l’estate scorsa, una senzatetto che aveva cercato un posto per dormire venne aggredita e stuprata da due marocchini. Si tenta di capire il modus operandi del gruppo, che si è spostato a piedi, e che probabilmente dopo la prima aggressione stava tornando a «casa», quando ha approfittato dell’opportunità di colpire anche il trans peruviano. Si cercano conferme tra gli altri spacciatori, si setacciano le vie che dall’Adriatica scendono verso il lungomare tra Rimini e Riccione, l’area dove si presume il branco possa avere avuto la base. E non mancano le polemiche sulle falle nella sicurezza: la spiaggia, a Rimini, non può essere sottratta alla legge. «Troppi stranieri irregolari trovano sistemazioni di fortuna in alloggi diroccati e casa sfitte e da lì lanciano la sfida alla città, con spaccio di droga, furti e aggressioni alle persone perbene», sospira la segretaria dell’Ugl locale, Emanuela Del Piccolo. E il coordinatore di Fi Massimo Palmizio ricorda d’aver rilanciato a giugno l’allarme del sindacato di polizia Siap, sul rafforzamento dell’organico per l’estate, concentrato tra il 20 luglio e il 20 agosto. Lasciando Rimini sguarnita quando è ancora nel vivo la stagione estiva – e con essa le attività criminali che ne approfittano per prosperare. La speranza, adesso, è che in quella rete di copertura si apra una smagliatura. Che qualcuno parli, per non rendersi complice. E che la fuga dei quattro finisca in una cella.