Elezioni comunali 2016. La sinistra lascia i conti in rosso. Chiunque vinca non avrà i soldi

denaro Roma ha un buco di 13,7 miliardi di euro, a Napoli De Magistris ha appena scongiurato il crac. E su ogni torinese pendono 3.300 euro di debiti. Comunque vada sarà un disastro. Lo stato dei bilanci della maggior parte dei grandi comuni italiani mette in una prospettiva completamente diversa il voto di domenica.

Chiunque vinca i ballottaggi sulla scorta di promesse e speranze fatte balenare in campagna elettorale avrà a disposizione solo briciole per realizzarle. Tre giorni fa l’ufficio studi di Unimpresa ha fotografato un calo del debito degli enti locali pari al 14% negli ultimi due anni, a fronte di una crescita del 5% nelle amministrazioni centrali. Gestioni sobrie? Macché. La verità è che lo Stato ha usato le proprie leve per imporre agli enti locali vincoli di spesa che per anni hanno spinto i Comuni a limitare gli investimenti, cioè la spesa (teoricamente) più produttiva. Secondo l’analisi dei bilanci di Openpolis, dal 2005 al 2014 la propensione agli investimenti è calata a Milano del 91 per cento, a Roma del 59, a Torino dell’81, a Napoli del 20. Ora le scelte di spesa sono state rese un po’ più flessibili, ma sempre all’interno di severi vincoli di stabilità e a fronte di un continuo taglio dei trasferimenti statali: meno 16 per cento dal 2005 al 2014, compensati da una pressione fiscale locale aumentata del 37 per cento. In particolare sulla casa: più 71 per cento.

Milano è l’unica città che, pur avendo un consistente debito pro capite, è riuscita a mantenere un certo grado di autonomia dallo Stato. Investe tre-quattro volte più degli altri, ha un introito di oltre 100 euro pro capite dalle partecipate, riscuote i tributi in modo abbastanza efficace. Per capirsi, Milano incassa 690 euro per abitante, Napoli solo 91. Nella città amministrata da Luigi De Magistris, che è dovuto ricorrere a manovre da pre dissesto finanziario per evitare il crac (finanziamenti trentennali dalla Cassa depositi e prestiti), pagare tasse e multe è un optional, tanto che il candidato del centro destra, Gianni Lettieri, ieri ha proposto una sanatoria sui crediti ormai palesemente inesigibili. Roma non è da meno: se non fosse intervenuto il governo nel 2008 a creare una gestione commissariale levando il debito dal bilancio del Comune (oggi pari a ben 13,7 miliardi di euro) il Comune sarebbe stato costretto al fallimento. Tra l’altro, l’escamotage del commissariamento ha consentito a chi ha governato negli ultimi anni di produrre ancora disavanzo, circa 1,2 miliardi negli ultimi quattro anni. Ma se il M5S arriverà a governare la città, come pare probabile, avrà le casse vuote e zero margini per alzare i tributi locali, che sono già i più alti d’Italia. Auguri. A Torino va poco meglio: è la città con il debito pro capite più alto d’Italia. Si parla di oltre 3.300 euro pro capite, contando pure i neonati. La legge impone ai sindaci appena insediati di presentare una relazione sullo stato delle finanze e sul piano delle spese. Dopo le illusioni elettorali, il bagno di realtà sarà una doccia fredda. Il Giornale.it