Elisabeth Asbrink, azioni degli antenati ci segnano

(di Mauretta Capuano) (ANSA) – PORDENONE, 16 SET – Ha sentito l’urgenza di
raccontare il dolore che hanno attraversato le generazioni della
sua famiglia la scrittrice e giornalista svedese Elisabeth
Asbrink. Lo ha fatto dando voce alla vita complicata di tre
donne e ha capito “che subiamo le conseguenze di azioni che sono
state compiute da altri, che hanno vissuto e fatto i nostri
antenati”.
    “Si viene colpiti e segnati da cose che non si conoscono.
    Questa è la forza che mi ha spinto a scrivere questa storia”
dice all’ANSA la scrittrice a Pordenonelegge con il suo nuovo
romanzo ‘Abbandono’, in libreria per Iperborea nella traduzione
di Alessandra Scali, in cui intreccia i ricordi famigliari e gli
eventi storici, ricostruisce le tormentate vicende del popolo
sefardita e ne raccoglie il retaggio in un’appassionata ricerca
delle proprie origini nella Salonicco di oggi. “C’è un’altra
cosa che ho scoperto e che emerge prepotentemente dalla terza
parte di questo romanzo: la rabbia. E’ qualcosa che oggi
sentiamo spesso, siamo arrabbiati di fronte al razzismo,
all’ingiustizia, ma se si pensa alle reazioni nei confronti
dell’Olocausto non sono caratterizzate da rabbia. Si sente
dolore, senso di colpa, anche rispetto o rifiuto, ma non rabbia.
    Io invece sono arrabbiata se penso all’Olocausto e questo è un
sentimento che ho scoperto scrivendo questa storia. Questo
libro è proprio una sorta di crescendo nell’accumulo di rabbia”
spiega la scrittrice svedese, 57 anni, che si è affermata con
reportage letterari di argomento storico e sociale ottenendo
premi prestigiosi come l’August e il Kapuscinski, della quale è
uscito in Italia per Iperborea ‘1947’ e ‘Made in Sweden’.
    La Asbrink si considera “l’emblema della confusione di quello
che una persona europea può rappresentare: mia nonna Rita veniva
dalla Germania ed era protestante, molto credente e si è
trasferita nelle zone più povere di Londra. Mio nonno, Vidal,
spagnolo, ebreo sefardita, arriva anche lui a Londra con una sua
cultura altrettanto forte. Si incontrano e nasce mia madre Sally
che aveva paura perché era scura e quindi era riconoscibile la
sua diversità per le strade di Londra. Poi si è trasferita in
Svezia dove ha incontrato mio padre che è di origini ungheresi,
di Budapest, sopravvissuto all’Olocausto, ebreo anche lui. Io
sono nata da questo background misto e mi veniva sempre detto da
mia madre: ‘non dire che sei ebrea, menti. Adesso ho 57 anni e
questa identità la vedo come un arricchimento, diverso era
quando ne avevo 17 di anni” racconta.
    Tutte cose che ritroviamo nel romanzo che è una storia di
segreti, bugie e amore e “il caso ha voluto che in questa
famiglia le figure femminili fossero i personaggi forti e di
conseguenza emergono. Ma, al centro della vita di queste tre
donne c’è una figura maschile, Vidal.
    Alla base c’è un enorme segreto che “per mia nonna è stato
anche una grande vergogna per tutta la vita: il fatto che lei e
il nonno non si siano sposati quando sono nati i loro due figli.
    Lo hanno fatto quando mia madre aveva vent’anni. Lo ho scoperto
da un documento dell’Archivio di Londra e quando lo ho detto a
mia mamma lei ha riso per lo shock enorme che le ha provocato”
racconta la scrittrice.
    Il nonno Vidal aveva un’attività a Londra di vendita di pipe
che venivano assemblate comprando una componente in Francia,
un’altra in Germania e anche in Italia dove “quando prendeva il
treno rimaneva impressionato dal servizio che riceveva: gli
davano il miglior posto a sedere, gli portavano il caffè, i
giornali e questo perché pensavano che fosse Mussolini che
viaggiava in incognito, gli assomigliava terribilmente” afferma.
    E pensare che Vidal “se non avesse deciso di diventare un
rifugiato e di partire completamente da zero altrove sarebbe
rimasto anche lui vittima dell’Olocausto greco. Anche adesso
vediamo molti rifugiati, questi giovani ventenni che arrivano e
che cercano di ricominciare. E’ esattamente la stessa storia.
    Quando parliamo in Europa della storia degli ebrei, soprattutto
in Scandinavia, consideriamo quelli tedeschi, russi, polacchi,
ma ci dimentichiamo l’altro lato. Io volevo raccontare la storia
dimenticata degli ebrei di Spagna. Tra l’altro anche gli ebrei
italiani vengono dallo stesso background”. (ANSA).
   


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