Interessante sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo resa nota nella giornata di ieri in materia di confisca.
Tale sentenza pone San Marino anche davanti all’Italia: la Corte infatti a suo tempo ha condannato l’Italia, ma non il Titano.
Grazie soprattutto a una sentenza scuola – l’ennesima – del dott. Vitaliano Esposito, Giudice sammarinese per i rimedi straordinari. Ma veniamo ai fatti che riassumiamo brevemente.
Con sentenza del 10 ottobre 2016, pubblicata il 12 ottobre 2016, il giudice di appello ha assolto in via definitiva due imputati per mancanza di prove in grado di dimostrare il mens rea (elemento soggettivo di un crimine).
In particolare, non era stato accertato oltre ogni ragionevole dubbio che i ricorrenti fossero stati a conoscenza dell’origine criminale dei beni alla luce, tra l’altro, della loro giovane età.
Tuttavia, il tribunale ha osservato che la somma depositata sul contobancario aveva avuto origine criminale in assenza di spiegazioni sull’origine del denaro (che ha portato all’acquisto di proprietà, la cui vendita ha comportato le somme in questione).
Il tentativo di trasferimento di tali fondi nelle banche di San Marino ha dimostrato l’intenzione di rendere tali fondi non rintracciabili proprio per nascondere la loro origine iniziale. Il giudice ha confermato dunque la confisca delle somme che erano state sequestrate. I ricorrenti dal canto loro si sono lamentati di essere stati sottoposti a una confisca (da 2.150.000 euro) nonostante fossero stati assolti.
Hanno ritenuto che la confisca costituisse una sanzione di natura punitiva e grave nelle sue conseguenze. Da qui il ricorso al giudice Vitaliano Esposito e alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
Dal canto suo il giudice Esposito, dopo avere ricostruito come sia stato accertato nei due gradi del processo che quei soldi fossero frut- to dell’attività criminale del padre delle ricorrenti, ha affermato che la lettura delle norme specifiche -l’articolo 147 del codice penale in materia di confisca, la Carta dei diritti e le convenzioni sovranazio- nali- unita alla lettura sistematica del quadro normativo, conferma la correttezza della confisca nel caso specifico, essendo stata accertata la provenienza illecita delle somme.
Una ricostruzione che a suo tempo l’Italia non aveva fatto venendo condannata dalla Cedu. Al contrario tale impostazione sammarinese ha trovato soddisfazione a Strasburgo.
Si legge infatti nella motivazione della sentenza che dà ragione a San Marino e torto ai ricorrenti: “La Corte nota che nella presente causa le somme sono state dichiarate dai tribunali nazionali di origini illecite e che durante tali procedimenti ai richiedenti, che erano legalmente rappresentati, è stata offerta una ragionevole opportunità di presentare i loro argomenti davanti ai tribunali nazionali. Lo scopo della confisca era eliminare tali fondi dalla circolazione ulteriore nell’economia, una misura in linea con le norme internazionali sopra menzionate. A tale proposito, la Corte ribadisce che gli Stati convenuti devono avere un ampio margine di apprezzamento per quanto riguarda ciò che costituisce il mezzo appropriato per applicare misure per controllare l’uso di mezzi come la confisca di tutti i tipi di proventi di reato”.
Altro punto interessante quello che verte sul fatto se il rimedio straordinario davanti al dott. Esposito precluda Strasburgo, eccezione sollevata dallo Stato sammarinese. Sul punto la Corte non ha di fatto ancora un orientamento preciso. Si legge in sentenza: “La Corte non ha ancora avuto l’opportunità di esaminare, sulla base delle osservazioni pertinenti delle parti, se il pro- cedimento di revisione deve ancora essere considerato un rimedio stra- ordinario (…)” oppure – è il succo – un ulteriore grado di giudizio che, come tale, andrebbe esperito prima di rivolgersi a Strasburgo, pena appunto il rigetto della doglianza per non avere prima esperito tutti i gradi di giudizio interni. Ricordiamo come in materia siano intervenuti di recente gli stessi Garanti i quali in estrema sintesi propendono sulla prima ipotesi, ovvero sulla straordinarietà del giudizio, che non potrebbe sostanzialmente considerarsi un vero e proprio “terzo grado” sostitutivo della Cedu.
In attesa che il legislatore interno faccia chiarezza su una materia tanto delicata e importante, potrebbe essere la stessa Cedu nelle future sentenze a mettere un punto in materia.Tornando al caso dibattuto a Strasburgo è stato comunque dichiarato ammissibile il che apre le porte per i ricorrenti alla “Grand Chambre” della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Ancora dunque non è possibile mettere la parola fine alla vicenda.
La RepubblicaSM