La sanzione per aver fornito informazioni fuorvianti. Nel 2014 la società di Zuckerberg aveva assicurato alla Commissione di non poter fare collegare gli account.
I dubbi erano sorti quando Facebook aveva annunciato di voler acquisire WhatsApp, nel 2014. Il social network per eccellenza che si unisce a una promettente applicazione di messaggistica poteva creare una concentrazione di potere non conforme alle regole europee. Per questo l’Antitrust Ue aveva chiesto chiarimenti. A cui Menlo Park aveva risposto con rassicurazioni: gli account social non sarebbero mai stati collegati con le chat. Non era possibile a livello tecnico né c’era la volontà di lavorare per la condivisione tra le due piattaforme. Non è andata così. Due anni dopo, ad agosto del 2016, sul blog ufficiale WhatsApp annuncia proprio ciò che l’Antitrust temeva: l’osmosi tra le due realtà. Una pioggia di polemiche ferma pochi mesi dopo — a metà novembre — l’integrazione dei dati, che volevano essere sfruttati per ottimizzare l’offerta pubblicitaria sulle bacheche degli utenti. Ma il patto di fiducia è rotto e l’Unione Europea indaga. Il risultato è una maximulta, la prima ad essere inflitta a una società per aver fornito informazioni «errate e fuorvianti». 110 milioni di euro è la cifra decisa dall’Antitrust per aver realizzato il collegamento degli account due anni dopo aver assicurato che non era possibile. E che, secondo la Commissione, invece lo era. Già nel 2014.
Paolo Decretino, Corriere.it