Tra le tante promesse che si ricordano, senza dubbio la più grossa è il volo transoceanico Forlì-Washington. Sono oltre tre anni che al Ridolfi di Forlì non ce n’è più di nessun tipo: nel frattempo ci sono stati il fallimento di Seaf, un bando andato a vuoto e un altro che ha visto unico partecipante lui, Robert Halcombe. Che quasi due anni fa promise di collegare la città alla sua America. Il problema è che non si muove (quasi) nulla: pochi giorni fa il profilo Facebook della società di gestione Air Romagna ha annunciato di aver completato la manutenzione sulla pista d’atterraggio, ma manca tutto il resto. Il piano industriale, diverse certificazioni del ministero dei Trasporti e non si sono visti neanche i 25 milioni di investimenti promessi nel febbraio 2015. Negli uffici vicino al Ridolfi, dove tutto è chiuso tranne il terminal degli arrivi (che cade a pezzi), lavorano ormai solo in 8.
E’ per questo che ora Forlì ha deciso di voltare le spalle all’americano: la scorsa settimana il suo socio di minoranza Armando De Girolamo (numero uno di Lotras, l’azienda che gestisce lo scalo merci) ha chiesto pubblicamente chiarimenti «sugli aspetti economici e imprenditoriali» nella riunione degli azionisti convocata per la prossima settimana. E martedì in consiglio comunale il sindaco Davide Drei gli ha staccato politicamente la spina chiudendo il suo intervento con due parole inequivocabili: «Game over». A settembre 2014 Halcombe aveva promesso di aprire a gennaio 2015, ancora a febbraio si era detto «sicuro» di poter volare in estate, e addirittura il 3 luglio si tentava l’ennesimo rilancio: «Entro fine estate». Peccato che nel frattempo i ritardi siano arrivati sui tavoli del ministro Graziano Delrio e dell’assessore regionale Raffaele Donini (che martedì incontra i sindacati). E intanto Halcombe che fa? Atteso in città a giorni, risponde al sindaco che ha annunciato di volerlo convocare: «Sarò io a convocare lui e a spiegargli come vanno i lavori». Mentre smentisce la notizia di una possibile svolta: la cessione delle sue quote, che lui stesso – secondo quanto risulta al Carlino – ha offerto a mezzo milione di euro, una cifra ritenuta esagerata da una cordata di dieci imprenditori locali. Il Resto del Carlino