Nessun dubbio che il presidente del seggio abbia agito nel pieno rispetto della normativa. Viene comunque da chiedersi se una maggiore elasticità da parte di tutti si sarebbe rivelata utile a far in modo che Bryan potesse esercitare il proprio diritto-dovere. Benissimo agire nel rigoroso solco nelle normative, salvo non dimenticare mai che c’è una legge più alta.
La disabilità è una possibilità della vita con la quale si impara a convivere persino con naturalezza, la vera abiezione è che uno Stato sia incapace di farsi carico delle sue problematiche.
Specie se quello Stato è la piccola Repubblica di San Marino dove solo a parole si sono fatti passi avanti mentre la realtà è fatta di una specie di riserva indiana dove relegare per esempio gli infermi di mente per i quali è prevista per legge l’interdizione, vale a dire che a questi individui è negato il diritto dei diritti, quello di votare. Rispetto al diritto di voto infatti siamo sottoposti all’osservazione del Consiglio delle Nazioni Unite che, anche nell’ultimo report, per il secondo quinquennio consecutivo, ha raccomandato a San Marino di rivedere tale normativa perché c’è bisogno di capire cosa si intende per infermità mentale.
Per chi invece infermo si trovi nelle condizioni di non poter esercitare il proprio diritto, è previsto il voto a domicilio rispetto al quale va presentata specifica richiesta presso la commissione elettorale.
Da un lato ci sono le ‘leggi’ – alcune di esse sorvegliate speciali da parte dell’Onu – e dall’altro le persone. Così ha fatto il giro della Repubblica il caso di Bryan Toccaceli, lo sfortunato motociclista rimasto vittima di un grave incidente ormai un anno e mezzo fa che lo ha lasciato quasi completamente paralizzato.
“Bryan domenica voleva andare a votare – ha detto la mamma, Sabrina Guerra – così con grande fatica ci siamo recati al seggio. Una volta arrivati lì ci hanno detto, siccome io avrei dovuto accompagnarlo in cabina visto che egli non può muovere le braccia, che era necessario il certificato medico.
In tutti gli altri luoghi mi avvalgo di una procura del notaio che ingenuamente pensavo potesse valere anche per il voto. Mi hanno detto che il medico che avrebbe potuto rilasciare il certificato prestava servizio presso l’ospedale ed è lì che mi sarei dovuta recare assieme a Bryan.
Se fosse stato sufficiente andarci senza di lui e ritirare semplicemente il certificato, Bryan avrebbe avuto l’opportunità di votare, invece per rilasciarlo occorreva la sua presenza. Un trambusto che a Bryan sarebbe costato troppa fatica e così pur malvolentieri non ha votato.
Domenica faceva molto freddo e il freddo fa aumentare le contrazioni e il dolore, doverlo caricare e scaricare per altre due volte pet lui sarebbe stato un incubo. A votare andremo la prossima volta”.
Questo il racconto della mamma che se la prende con se stessa dandosi addirittura dell’ingenua. Ma evidentemente c’è anche qualcosa d’altro. Nessun dubbio che il presidente del seggio abbia agito nel pieno rispetto della normativa.
Viene comunque da chiedersi se una maggiore elasticità da parte di tutti si sarebbe rivelata utile a far in modo che Bryan potesse esercitare il proprio diritto-dovere.
Benissimo agire nel rigoroso solco nelle normative, salvo non dimenticare mai che c’è una legge più alta. E’ probabilmente guardando a quella legge più alta che – pur non obbligati dalla legge – i colleghi della mamma di Bryan le hanno donato le loro ferie facendo in modo che lei possa restare accanto al figlio – che ora ha bisogno di tutto – fino al prossimo giugno.
Un gesto che ha scaldato il cuore della famiglia di Bryan che dopo l’incidente ha saputo trovare il coraggio e la forza per andare avanti reagendo con dignità e con la voglia di lottare, questa volta tutti assieme, per far raggiungere altri traguardi al proprio campione. Chapeau.