Femminicidio Tramontano, i giudici: Impagnatiello “la avvelenò per farla abortire”

“Non vi sono” prove che “consentano di retrodatare il proposito” di Alessandro Impagnatiello di uccidere Giulia Tramontano “rispetto al giorno” in cui l’ha accoltellata. È quanto si legge nelle motivazioni per le quali la Corte d’Assise d’Appello non ha riconosciuto l’aggravante della premeditazione per l’uomo, condannato all’ergastolo per il femminicidio della compagna incinta. Averle somministrato il topicida nei mesi precedenti, spiegano i giudici, avrebbe avuto lo scopo di causare un aborto spontaneo e dare “una drastica ‘soluzione'” al figlio che la donna aspettava e che lui “identificava come ‘il problema’ per la sua carriera, per la sua vita”. Per la Corte d’Assise d’Appello, dunque, lo scopo dell’avvelenamento era “l’aborto del feto” e non l'”omicidio (…) della madre”.

Condanna all’ergastolo

La condanna definitiva all’ergastolo per Impagnatiello è arrivata lo scorso 25 giugno, confermando quanto già sancito dal processo di primo grado. Il femminicidio di Giulia Tramontano è avvenuto il 27 maggio 2023, quando il barman accoltellò a morte la compagna nella loro casa di Senago, in provincia Milano, quando lei era incinta di sette mesi di loro figlio Thiago. Nella sentenza i giudici non avevano riconosciuto la premeditazione, ammettendo invece le aggravanti della crudeltà e del rapporto di convivenza.

Sky Tg24