Fertility Day, revocate l’iniziativa

dowIl governo chieda scusa agli italiani offesi da questa campagna sulla procreazione

IL FERTILITY Day va revocato. Il governo chieda scusa agli italiani offesi da questa campagna sulla procreazione. Sì, la ministra Beatrice Lorenzin adesso dice che ne farà “una nuova: il Fertility Day è più di due cartoline, è prevenzione, è la salute degli italiani”. Ma ci voleva l’insurrezione generale per capire che non era questo il modo di promuovere l’attenzione sul problema della denatalità? E poi: non è questione “di due cartoline”. È l’idea stessa del Fertility Day che fa infuriare.

Ecco, da una parte abbiamo questa pubblicità leggera, che affronta un tema importante con ironia e delicatezza, che mette sullo stesso piano chi vuole (e può) procreare e chi non può farlo pur volendo. Dall’altra parte ci siamo noi con questo Fertility Day, la giornata celebrativa della fertilità umana ideata dalla ministra della Salute Beatrice Lorenzin e approvata dal Consiglio dei ministri presieduto da Matteo Renzi il 28 luglio scorso. Da una parte dunque c’è “Il sesso può salvare l’avvenire della Danimarca” e dall’altra la donna con la clessidra – che il governo ora vuole cancellare – a ricordarci che il tempo passa, che non si è giovani e fertili per sempre, che bisogna procreare ora o mai più.

Intendiamoci: non è un caso che la campagna sia stata partorita, scusate la metafora, da una certa parte del governo. Su fecondazione assistita, fine vita, aborto, unioni gay, stepchild adoption, maternità surrogata, proibizionismo e legalizzazione delle droghe (che è anche e soprattutto una questione di salute pubblica) in Parlamento pesano più i niet di Beatrice Lorenzin e sodali che le volontà di milioni di italiani. Semmai, la novità è che la ministra stavolta ha incassato un’indignazione unanime. Lo stesso Renzi ha sostenuto di non essere al corrente dell’iniziativa. E come fa il premier a non essere al corrente di una iniziativa che entra pericolosamente nella sfera privata, quella intima e invalicabile, mina il principio di autodeterminazione, fa insomma tutto ciò che un governo oggi non dovrebbe permettersi di fare, soprattutto con le esperienze dei totalitarismi che – come dice la ministra – “hanno avuto il merito di accendere l’attenzione sul tema”. Ma quale tema, mi chiedo. La fertilità? L’infertilità? Il welfare? L’assenza di welfare? O piuttosto l’inadeguatezza di una ministra che prima dice che le cartoline non le “hanno fatto una cattiva impressione” e poi sconfessa la sua stessa campagna? Come ha fatto la ministra a non capire che se si vuole informare sull’infertilità (questo è il vero problema su cui agire, non la fertilità di cui ciascuno fa quello che vuole) bisognerebbe fare una campagna adeguata su come sottoporsi alle forme di procreazione assistita, anche eterologa – quest’ultima in Italia praticamente non accessibile se non a costi altissimi? Come fa la ministra a non sapere quanto sia ancora difficile per una donna, in Italia, decidere di diventare madre temendo di poter perdere il lavoro?

E perché poi la ministra si è rivolta solo alle donne? Dove sono gli uomini? Dopo decenni in cui l’uomo e la donna hanno fatto acrobazie per ricalibrare il loro rapporto in funzione di una maggiore presenza del padre e di una equa suddivisione dei compiti, come può una ministra proporre una comunicazione maschilista che annulla tutto questo? Donna, prima di tutto sei madre, anche senza lavoro, anche senza autonomia. Fai un figlio, lo Stato ci conta. E solo se lo fai tu conti per lo Stato. Come fa la ministra a non sapere che il costo di un asilo nido privato (quelli pubblici sono rari e comunque a pagamento) funge da deterrente alla procreazione? Come fa la ministra a non sapere che in un Paese in cui l’obiezione di coscienza supera il 90% e dove ci sono strutture ospedaliere che non hanno medici che praticano l’aborto non c’è spazio per il concetto di gravidanza consapevole? Come fa la ministra a non sapere che senza la libertà di abortire, non c’è consapevolezza nella procreazione?

Ci sono intere zone in Italia che non hanno alcun problema di denatalità. Dove incontri, e non sono rari, donne e uomini di 35 anni già nonni, che hanno figlie e figli di 17 anni già madri e padri. Sono territori devastati dall’indigenza, dalla dispersione scolastica. Sono territori in cui le famiglie continuano a essere numerose e dove si cresce senza prospettive. Sono territori dove nasce e cresce la manovalanza criminale, bambini, adolescenti, pronti a ingrossare (è del resto la loro unica possibilità) le fila di chi aspira a entrare nelle paranze che contano. Dove il Sistema, la camorra è l’unica forma di welfare esistente.
Non sapremo mai se tutto questo la ministra lo sa o se lo ignora, ma una cosa è certa: qualcuno in questo governo ha offeso le donne e gli uomini fertili e le donne e gli uomini che non lo sono. Ha offeso chi vuole avere figli e lo farà, responsabilmente, quando avrà raggiunto sicurezza economica e autonomia. Ha offeso chi non può averne e sta facendo sacrifici spendendo risparmi per ottenere da strutture privare ciò che il servizio pubblico consente con tempi di attesa lunghissimi. Ha offeso le coppie gay che vorrebbero avere figli ma non possono, che sono ora in grado di adottare quelli dei partner non perché il governo abbia legiferato in tal senso, ma perché giudici intelligenti hanno emesso sentenze divenute imprescindibili precedenti. Questa campagna ha fatto qualcosa di ancora piu grave. È entrata nella vita intima degli italiani facendoli sentire in colpa, mettendo in discussione scelte e decisioni.

Sì, Matteo Renzi dice di non sapere nulla del Fertility Day, approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso luglio, alla sua presenza. Lo crediamo in buona fede. Dunque revochi il Fertility Day. Subito.

La Repubblica.it