Firenze. Da madrina a presenza scomoda. Boschi nel vortice del crac Etruria

boschiVIENE? O non viene? Viene, viene. Macché, non viene, ha paura. Sono dunque le 19 e 30 di ieri sera quando, con un suo tweet, è lo stesso ministro a risolvere l’enigma: «Vengo. Finiamo la legge di Stabilità e vi raggiungo subito alla Leopolda». «Però non parla, non vuole rispondere a Saviano, e forse è meglio così. Domani? Si vedrà», spiegano affannati gli uomini del suo entourage.
Che venerdì di sofferenza e di passione per Maria Elena Boschi (nella foto), che qui gli uomini del cerchio magico chiamano affettuosamente Mary. Doveva essere il suo giorno, il giorno in cui si presentava all’
happening multicolore della Leopolda per fare gli onori di casa da deus ex machina del renzismo trionfante, sono state le ore più difficili da quando è ministro della Repubblica.

QUELL’ATTACCO che sul sito di Luca Sofri, il Post, le ha lanciato in mattinata Roberto Saviano, puntando l’indice sul suo conflitto d’interessi nella vicenda Banca Etruria e sull’assenza di spiegazioni sulle responsabilità del padre in relazione al crac della banca di cui era vicepresidente, per la Boschi e per tutto il mondo che le gravita attorno, è stato come una mazzata al cuore.
Per la prima volta una figura carismatica della sinistra come Saviano tirava fuori l’ipotesi delle dimissioni («In epoca passata abbiamo assistito a crociate sui media per molto meno, contro esponenti di terza fila del sottobosco politico di centrodestra»), rompendo l’idea di immacolatezza del gruppo e facendolo proprio nel giorno di apertura della Leopolda, luogo magico della catarsi renziana. Uno choc. «Forse è meglio se non vado a Firenze, se rimando tutto a domani», era stata la reazione a caldo del ministro delle Riforme. Ma lo strappo sarebbe stato troppo lacerante. Troppo vistoso. «Vado», avrebbe deciso alla fine inviando quel tweet (anche se però nessuno l’ha vista).
Così nel tardo pomeriggio la decisione di partecipare comunque alla kermesse senza però parlare, annullando anche l’impegno già preso con la Gruber a ‘Otto e mezzo’ (al suo posto è andato Graziano Delrio a difenderla dal j’accuse savianiano: «Una strumentalizzazione inaccettabile»; il vicesegretario Pd Guerini dice che «servono equilibrio e attenzione»). Un silenzio carico di tensione, quello della Boschi, per una vicenda che rischia di graffiare l’immagine rampante dell’happening renziano, alle prese con un assedio del tutto imprevisto.
Già, l’assedio alla Leopolda. Domani le «vittime del salva-banche», ovvero i risparmiatori di Banca Etruria, Banca Marche, Carife e CariChieti, che hanno visto le proprie obbligazioni ridursi a cenere dopo il decreto del governo, verranno a protestare proprio qui, «dove l’idea renziana d’Italia e di governo ha avuto origine», spiegano gli organizzatori. E non saranno i soli.

GIÀ OGGI al grido di «Stop al governo, al Pd ed alle sue politiche di sfruttamento e devastazione sociale», gli anti renziani storici della sinistra antagonista sfileranno lungo le vie del centro, dando vita a una sorta di Contro-Leopolda di strada. Il tutto mentre uno sciopero mirato dell’Ataf fermerà i mezzi pubblici per 24 ore. «Non permetteremo che l’artefice del nostro disastro, Renzi e il suo Pd, rimangano a pavoneggiarsi dentro la Leopolda», hanno spiegato i Cobas che andranno in corteo contro il premier. Lo stesso premier che ieri mattina, proprio per evitare la contestazione annunciata degli studenti, ha rinunciato a presenziare a un convegno al Polo universitario di Novoli. L’idea plastica della protesta politica e sociale. Dell’assedio che toglie aria agli assediati e li mette in difficoltà. Come appaiono lontani i tempi del big bang e dei dinosauri, quando Renzi intercettava solo la speranza e non la rivolta.
CERTO, l’uomo ha dimostrato nel tempo di essere un formidabile saltatore di ostacoli. Ma stavolta, per rilanciare com’è nelle sue intenzioni l’immagine del governo dei vincitori e zittire i gufi del pessimismo, «persi nel loro inverno fantastico», forse il salto dovrà essere davvero al limite del mortale.