«SE NON era per la Leopolda non ero a Palazzo Chigi, ma questa non è una rimpatriata di reduci. Se non continuiamo a lavorare per cambiare l’Italia questo posto non ha più senso». È così che Matteo Renzi ha esordito ieri sera sul palco della vecchia stazione ottocentesca dal quale, cinque anni fa, ha declinato il verso della rottamazione. Col cuore declinato al passato e ma lo sguardo dritto e aperto nel futuro. Musica e video impacchettano il Renzi pensiero. Lui, per la prima volta, si presenta in giacca e cravatta di governo e viene accolto con un’ovazione.
La Leopolda «per noi è una festa, è tornare a casa, dove tutto è cominciato» è il mantra che Renzi ripete da giorni. E quando si torna a casa, ci si portano dietro le valigie, ma anche bauli, mappe, libri, si ritrovano le librerie dei ricordi e appena rientrati ci si tolgono gli scarponi infangati.
E SONO questi gli oggetti ammucchiati come per caso su questo palco 2015 che, fin dalla prima sera, ha già il retrogusto di una resa dei conti. Immagini un po’ polverose e appena accennate, dedicate al passato, all’esperienza acquisita. «La generazione Leopolda è in posti difficili, non solo a Roma, e ci mette la faccia», dice il premier. «Resti a casa chi parla di correnti», avverte. Alla Leopolda c’è ancora la scrivania nera con tre sedie di legno e una lampada bassa, di quelle per studiare. È questa la ‘Terra degli uomini’, mutuata dall’omonimo libro di Antoine de Saint-Exupéry, l’autore de Il piccolo principe. Alle pareti dell’ex stazione i consueti pannelli-monito: «Essere uomo vuol dire sentire che posando la propria pietra si contribuisce a costruire il mondo». L’anno scorso furono registrate 17mila presenze in tre giorni, un numero incalcolabile di contatti social e via streaming. Ieri sera la platea, capelli decisamente più grigi, si è riempita lentamente: colpa dei controlli post Parigi, con tanto di metal detector.
RENZI parla di terrorismo e del suo antidoto: la cultura. «Non vogliamo essere dei numerini ma uomini, non delle bestie che vivacchiano», dice parlando delle misure del Governo. «La scelta che ha fatto il governo è affermare che in Italia quando si diventa grandi si ha diritto di andare al cinema o a teatro o di andare a una mostra. La prima parola che vorrei arrivasse dalla Leopolda è speranza». Quest’anno i conduttori sono Ciro Bonajuto, sindaco di Ercolano, e Ottavia Soncini, vicepresidente del consiglio regionale dell’Emilia-Romagna. Due giovani partiti dalla Leopolda e oggi eletti negli enti locali. È insieme a loro che Renzi presenta le otto storie scelte per la prima sera. La prima è quella di una sindacalista, il sottosegretario Bellanova, e poi tocca a Giuseppe Sala, il commissario dell’Expo, che nega il suo battesimo politico. Ma c’è. Per raccontare il miracolo dell’Expo e… per assaggiare la politica colorata che si respira alla Leopolda.
