Sono rimasto stupito, guardando le statistiche di GiornaleSm, come sul Titano interessi tantissimo la vergogna italiana degli scontri, della guerriglia pro-Gaza, come se i sammarinesi, con il loro balconcino affacciato sul delirio peninsulare, non possano staccare gli occhi da un reality show dove l’Italia si auto-sabota con idioti violenti, manganelli e striscioni.

E, da italiano che commenta – con il piglio di renderne consapevoli le scelte e le opinioni – il Titano, mi angoscia che i sammarinesi – dove tutto è pacifico, anche se anche lì irrazionale e retorico, quindi talvolta patetico – vedano questa misera Italia: un colosso che inciampa nei propri piedi, urlando “pace” mentre si mena da solo, e che dal nano buono lassù suscita non invidia, ma un misto di pena. Specie dopo le “belle” manifestazioni del 22 e del 23 settembre scorso, immagino voi Sammarinesi, che pensate: “Grazie al cielo non siamo italiani”.
Ah, l’Italia, quel paradiso di urla e gesti teatrali dove la solidarietà internazionale si declina sempre con un contorno di caos domestico, come se fossimo specializzati a esportare pizza e importare rivoluzioni low-cost. Da lassù, a due passi dal delirio, si osserva il vicino con quella miscela di preoccupazione e pena che solo chi ha il lusso di starsene in pace può permettersi… Vi dico: volevate salvare Gaza con barchette a vela e striscioni arcobaleno? Bravi, complimenti.
Avete invece portato qui da noi, in Penisola, una “guerra” in miniatura, con scontri da film di serie B, idranti israeliani che fanno eco a manganelli e bomvbe carta nostrane, e un’atmosfera che puzza di polvere da sparo mista a kebab bruciato. E il tutto per una “Flotilla” che, a quanto pare, non è solo un circo umanitario, ma un tendone con biglietti intestati a Hamas. Che eleganza, che pace… Che ingenui! …Se in buona fede davvero.
E intanto, dal balconcino di San Marino – che sì, ha le sue manifestazioni retoriche, ma almeno non finisce a prendere a sassate i poliziotti – si assiste allo spettacolo coem se ci si trovasse di fronte ad una serie “nera” di Netflix.
Partiamo dal fondo, o meglio, dalle navi: la Global Sumud Flottiglia, quel convoglio di buone intenzioni (e di 22 italiani tra gli arrestati) diretto a Gaza per sfondare il blocco israeliano, è stato abbordato a meno di 70 miglia dalla Striscia, con idranti, arresti e un balletto di droni che farebbe invidia a un videogioco. Israele lo chiama “sicurezza”, Hamas lo grida “pirateria terroristica”, e noi italiani?
Noi ci siamo buttati in piazza come se fosse l’ultima puntata di un reality show: cortei a Milano che partono da Piazza della Scala per snodarsi nel centro come un serpente ubriaco; migliaia a Roma che blindano Termini con la polizia a fare da buttafuori di un club esclusivo. A Bologna e Torino scontri veri e propri tra attivisti che stonano “Bella Ciao” e forze dell’ordine che rispondono con lo spray al peperoncino e qualche timida mazzata, come se stessimo rivisitando il Sessantotto ma con emoji di cuoricini palestinesi su Instagram.
Bologna, Napoli, Torino, Venezia: 15mila a bloccare il porto di Marghera, occupazioni studentesche che sembrano occupazioni di casa per non pagare l’affitto, e un’onda di proteste in 35 città che ha trasformato l’Italia in un collage di bandiere verdi e cartelli “Free Gaza”, o “Free birra gratis”, fate voi.
Una pagliacciata? Altroché: è un Grande Fratello pratico, dove i concorrenti litigano per un like solidale, si abbracciano sotto la pioggia di lacrimogeni e si salutano con “appuntamento alla prossima puntata”, mentre il pubblico – noi, poveracci – paga il conto con tasse e notti insonni.
Ma ecco il twist inquietante, quello che trasforma la tragicommedia in thriller da quattro soldi: e se questa Flottiglia non fosse solo un gruppo di hippy con la chitarra, ma un filo diretto con i signori della dinamite di Hamas? Parlo di rivelazioni che puzzano di polvere da sparo fresca, non di chiacchiere da bar.
Il Tempo, quel quotidiano che da un po’ non le manda a dire, ha tirato fuori documenti esclusivi: risorse chiave della Flotilla possedute e controllate da Hamas, legami con la galassia sinistra italiana e centri sociali che sembrano filiali di un franchising terroristico.
E non è roba da complottisti col cappello di alluminio: i report dell’IDF, l’esercito israeliano, hanno scovato carte a Gaza che inchiodano i leader della Flottiglia con alti papaveri di Hamas, finanziamenti diretti e un coinvolgimento che fa sembrare la “missione umanitaria” un investimento in missili camuffati da aiuti. Documenti trovati in un outpost di Hamas, elenchi di operatori con nomi che suonano come organigramma di una holding del terrore: “Conferma che le risorse sono di fatto di Hamas”, tuona il Ministero degli Esteri israeliano. Inquietante, no?
Voi urlate “pace” in piazza, ma finite per fare da megafono a chi spara razzi come fuochi d’artificio del Capodanno. E noi italiani, con i nostri millemila in corteo a Roma, per solidarizzare con i palestinesi e, forse?, per fare un ennesimo sgambetto al centrodestra di governo. O, solo per fare lo sgambetto…
E come se non bastasse, entra in scena il coro greco della farsa: lo sciopero generale indetto dalla CGIL per domani, 3 ottobre, quel gioiellino sindacale che blocca l’Italia intera – treni, fabbriche, porti – in nome della “difesa dei diritti, della pace e della Palestina”.
Maurizio Landini, il segretario che non perde occasione per un comizio, annunciò: “Sciopero se bloccano la Flottiglia”, come se fosse possibile non succedesse! E bum, domani l’Italia si ferma come un motore grippato, con cortei da Porta Venezia a chissà dove a Milano e ringraziamenti dal sindacato palestinese che suona come un “grazie per il like, compagni”.
Strumentale? Ma per favore, è un’opera buffa: utile quanto un ombrello bucato in un uragano, serve solo a versare altra benzina sul falò della divisione, a trasformare un dissenso legittimo in un clima da guerra civile light, con atenei occupati e porti paralizzati che fanno contenti solo gli spettatori di un Grande Fratello arabo.
E intanto, il governo Meloni balbetta, i sindacati si uniscono come in un’orchestra di fischi, e noi? Noi paghiamo il biglietto per uno spettacolo che non salva Gaza, ma infiamma l’Italia.
Dal canto suo, il Titano – quel nano buono che si affaccia sull’Adriatico come un nonno saggio ma un po’ ipocrita – non è immune al virus della retorica: ha appena riconosciuto lo Stato di Palestina all’Assemblea ONU, con tanto di applausi e proclami di pace da sovrano indipendente entro confini sicuri, un passo storico annunciato dal Congresso di Stato e ribadito dal segretario Beccari a New York, con tanto di impegno per l’ammissione piena all’ONU.
E le proteste? Ce ne sono state, pacifiche come una siesta domenicale: un presidio il 22 settembre in Piazza della Libertà, organizzato dal Collettivo San Marino per la Palestina, con voci che gridano “non si può più stare in silenzio” ma senza un sasso scagliato o una sprangata data, solo striscioni e canti, monitorati pure da un dossier israeliano che tiene d’occhio i cortei nostrani e titani come se fossimo tutti in un reality geopolitico.
Un passo storico, dicono, arrivato a meno di 24 ore dalle manifestazioni pro-Pal in Italia, alcune violente come un derby Firenze-Pisa. E da qui, dal baluardo della calma, si guarda il vicino con preoccupazione – pena, quasi – per un’Italia che trasforma la solidarietà in rissa da osteria, mentre il Titano pontifica di pace senza sporcarsi le mani. Meno male, verrebbe da dire, che non siamo tutti matti allo stesso modo.
Cari manifestanti da tastiera e segretari da palco, la pace non si porta con striscioni che incitano al bordello, né con scioperi che bloccano il pane in tavola per un like su Facebook.
Avete voluto la “guerra” qui, per urlare contro quella laggiù? Godetevela, ma non venite a piangere se il ring si rovescia e vi ritrovate con un occhio nero o un bernoccolo.
Io, da buon italiano trapiantato nel dibattito del Titano, vi saluto con un “in bocca al lupo”, e speriamo che non sia quello di Hamas, né il caos che ci portiamo appresso.
Dal Titano, almeno, si ride amaramente e si prega per tutti.
Enrico Lazzari