
(ANSA) – ROMA, 07 APR – “Sussiste certamente un vizio di
motivazione decisivo” nella condanna per peculato emessa dalla
Corte di appello di Perugia, il 27 ottobre 2021, nel processo di
appello bis a carico dell’ex presidente dem della Regione Marche
Gian Mario Spacca e dell’ex consigliere regionale del Pdl
Giacomo Bugaro condannati – con ribaltamento dell’assoluzione
pronunciata dal Tribunale e poi dalla Corte di appello di Ancona
nel 2019 – rispettivamente a un anno e otto mesi, e a un anno e
sei medi di reclusione, con sospensione della pena.
Lo sottolinea la Cassazione nelle motivazioni depositate oggi
– nelle quali definiscono “anomala” la condanna dei due imputati
con riferimento alla introduzione di elementi di “confusione ed
incertezza” – con le quali gli ‘ermellini’ spiegano perchè hanno
disposto l’appello ter per il processo sulle presunte ‘spese
facili’ al Consiglio regionale delle Marche. L’udienza si è
svolta lo scorso otto febbraio e le spese si riferiscono al
periodo 2008-2012. Accogliendo il ricorso dei legali di Spacca e
Bugaro, il primo difeso da Salvatore Tesoriero e Alessandro
Gamberini, il secondo da Davide Toccaceli insieme a Gamberini, i
supremi giudici hanno annullato le condanne con rinvio “per
nuovo giudizio” davanti alla Corte di Appello di Firenze
individuando molte pecche nel verdetto dei magistrati umbri..
Ad avviso della Cassazione, è tutta da rivedere la fondatezza
dell’accusa di appropriazione di fondi pubblici – per 4600 euro
contestati a Bugaro per spese postali e convegnistiche, e per
23.300 euro a Spacca per le spese di spedizione dei periodici ‘Marche Domani’ e ‘Koinè’ e la messaggistica Aruba. Nel ricorso
alla Suprema Corte, le difese hanno sostenuto che “nel riformare
la pronuncia assolutoria” i togati perugini non si erano “adeguatamente confrontati con la ricostruzione del giudice di
primo grado che aveva affermato che si trattava di spese lecite
aventi ad oggetto tematiche strettamente connesse a questioni di
interesse regionale ed all’attività consiliare e del suo
Presidente”. (ANSA).
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