La stretta creditizia ancora non allenta la sua morsa e sembra che la domanda di credito avanzata alle nostre banche da imprese e famiglie resti ancora, in troppi casi, desolatamente insoddisfatta.
Il fenomeno è in aumento anche presso i nostri vicini. Ad oggi (fonte Banca d’Italia su analisi di dicembre 2014) i prestiti alle famiglie sono calati a dicembre dello 0,5 per cento sui dodici mesi, come nel mese precedente. Quelli alle società non finanziarie sono diminuiti, sempre su base annua, del 2,3 per cento (-2,6 per cento a novembre).
L’impressione generale che si ricava da questa situazione è che i prestiti vengano accordati solo a chi può prestare garanzie granitiche e, in questo clima di generale sfiducia e di eccessiva autotutela delle banche, anche iniziative valide e promettenti di impresa e di consumo rischiano di restare lettera morta.
Il motore dell’economia stenta a ripartire e il lubrificante, cioè il credito, non arriva per sbloccare la stagnazione economica, oppure viene talmente centellinato da non riuscire a tradursi in fattore significativo e dinamico di crescita.
Le banche in difficoltà sono state aiutate dallo Stato con un grande sforzo che ha comportato modalità diverse di intervento, come immissioni dirette di denaro, defiscalizzazioni, fideiussioni. Alle politiche sociali e di welfare sono state sottratte ingenti risorse per essere elargite a istituzioni creditizie incorse in veri e propri crolli, dovuti in alcuni casi certamente alla crisi, ma altrettanto spesso a inadeguate capacità gestionali quando non a veri e propri disegni criminali. In molti salvataggi lo Stato ha persino rinunciato a pretendere efficaci garanzie di recupero delle somme erogate qualora le banche avessero ritrovato il proprio equilibrio tornando a essere redditizie.
La motivazione di questo spassionato e incondizionato appoggio risiede nella fiducia – forse troppo ottimistica – che i nostri governanti hanno riposto nel sistema creditizio quale strumento essenziale al servizio dello sviluppo economico e, in questi tempi duri, della ormai mitica ‘ripresa’ che somiglia sempre più a un miraggio piuttosto che ad un fatto concreto di prossimo arrivo.
Gli istituti bancari e finanziari sammarinesi ora devono fare la loro parte e compensare la collettività per le massicce risorse pubbliche di cui hanno beneficiato, cominciando intanto ad assumersi qualche onere in più nella concessione del credito. Oltretutto, con il tasso ufficiale di sconto attualmente in essere, ci pare esista troppo distacco fra quanto le banche pagano acquistando denaro, e quanto le banche pretendono le rare volte che lo prestano alle imprese e alle famiglie.
Considerato come l’impegno pubblico, ancorché significativamente consistente, non sembra aver prodotto ritorni significativi verso la collettività, occorrono nuove iniziative di facilitazione all’erogazione del credito. Un importante contributo potrebbe giungere da adeguate normative mirate a tutelare i clienti bancari e a promuovere la concorrenza fra le banche, adottando quelle minime, buone pratiche già in essere da diversi anni nel sistema bancario e finanziario italiano.
Svolta questa premessa,
interpello il Governo
- per conoscere i suoi intendimenti circa la problematica della stretta creditizia.
- Per conoscere se intende assumere iniziative atte a facilitare l’accesso al credito di imprese e famiglie tutelando maggiormente queste ultime categorie rispetto alle banche, invertendo dunque la tendenza tenuta fino ad oggi.
- Per conoscere se il Governo, di concerto o meno con la Banca Centrale, stia pensando a provvedimenti che includano misure di contenimento dei costi di erogazione di prestiti o finanziamenti a imprese e famiglie, e di abbattimento delle commissioni bancarie ad essi connessi, anche vietando, a pena di nullità, le clausole bancarie immotivatamente onerose e i relativi costi mascherati, o nascosti in generiche voci di indefiniti servizi bancari, vessatori per i clienti.
- Per conoscere se il Governo intende porre mano ad una nuova normativa tesa a disciplinare severamente la facoltà delle banche di modificare unilateralmente condizioni contrattuali come ad esempio tassi e costi nei contratti bancari. Questa pratica, fonte di sgradite sorprese, lascia i clienti disarmati di fronte a scelte che, proprio perché unilaterali, non sono affatto condivise ma piuttosto subite, e che troppo spesso aggravano l’onerosità dei loro contratti. Servirebbero obblighi di preavviso più congrui e soprattutto la possibilità per il cliente di recedere senza spese dal contratto, qualora non si ritenesse soddisfatto dalle nuove condizioni.
- Per conoscere se il Governo intenda adoperarsi per promuovere la libera concorrenza fra le banche e garantire a ogni persona che ha un finanziamento di qualsiasi genere e importo, o ha bisogno di contrarne uno, il diritto di accedere liberamente alle condizioni più vantaggiose offerte dal mercato. Si tratta dunque della possibilità di poter recedere liberamente, senza penalità e senza costi aggiuntivi, da un contratto sfavorevole per spostarlo in un Istituto che accorda condizioni migliori.
Francesca Michelotti
San Marino, 10 febbraio 2015/1714 d.F.R.