E’ stato un colpo basso da parte di chi ha voluto dare il segnale di “avere in pugno il partito”. Ma anche una mossa politica “per demolire la maggioranza”. All’indomani del braccio di ferro di via delle Scalette, che lo ha visto sconfitto nella nomina della Reggenza, il consigliere Dc Clelio Galassi arriva nel pomeriggio a Palazzo Pubblico in sala stampa. Viene subito raggiunto da un amareggiato capogruppo Luigi Mazza e dal segretario di Stato per gli Affari interni, Valeria Ciavatta, che con un bacio conferma la sua stima e quella dell’alleato Ap. E lui se la prende con due “ex amici”, i consiglieri Gabriele Gatti e Claudio Podeschi. “Sono indignato- si sfoga- mi hanno messo in mezzo a un gioco che non ho cercato”. E continua: “Se queste due persone mi avessero detto che stavano facendo un’operazione politica- spiega- avrei tranquillamente rinunciato, la Reggenza non l’ho cercata, me l’hanno offerta”. Infatti, secondo i criteri stabiliti all’interno del partito a inizio legislatura, Galassi sarebbe stato il naturale designato. E invece per un voto e’ stato vinto dal collega Giovanni Francesco Ugolini.
Lo scudocrociato di lungo corso passa al contrattacco e denuncia quindi “l’operazione politica che stanno conducendo Gatti e Podeschi per demolire il Patto”, ovvero quella di “andare alle elezioni politiche urgentemente”. Non a caso, “avevano bisogno di un Capitano reggente dalla loro- manda a dire- e di pensare a una coalizione con Dc, Socialriformisti, Ddc, Eps, e parte del Psd, ovvero la corrente di Fiorenzo Stolfi”.
Galassi punta i piedi: “A questo gioco non ci sto, tengo fede al Patto e al mandato sottoscritto prima delle elezioni”. In sostanza, annuncia l’addio: “Non condivido piu’ l’impostazione del gruppo a cui ho fatto parte da 36 anni a oggi”. Per questo spiega di aver gia’ presentato le dimissioni alla Reggenza dalle Commissioni consiliari Affari interni e per le politiche territoriali, “perche’ non mi sento piu’ di rappresentante del gruppo Dc”. Deciso a prendere questa direzione, ribadisce di stare predisponendo le lettere da consegnare a segretario e capogruppo del partito “per fare presente le mie preoccupazioni e preannunciare l’uscita dal gruppo democristiano”. D’ora in poi “agiro’ come indipendente- chiarisce- ma ribadisco la fedelta’ al Patto e alla maggioranza”. Nessuna intenzione di aderire al gruppo misto: “Ci sono i Ddc”, motiva.
Quindi elenca i prossimi passi: l’adesione all’istanza all’ordine del giorno che pone il divieto a ricoprire l’incarico di segretario di Stato per dieci anni anche non consecutivi. E poi, “non partecipero’ alla votazione della Reggenza”, spiega. Ma non per mancato rispetto all’istizione, chiarisce, “ma per come e’ avvenuta la nomina nell’ambito della partito”. Infine, Galassi ricorda i 36 anni di fedelta’ e lealta’ politica nella Democrazia cristiana, “che mi ha visto a fianco degli ex amici Gatti e Podeschi da cui non mi aspettavo una vigliaccata di questo genere”. E non rinuncia a inviare un messaggio ai vertici scudocrociati: “Sono nella Dc dal ’64, se non mi mandano via rimango al partito”.
