A diciotto anni dall’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto nell’agosto del 2007 a Garlasco, il mistero si infittisce. La Procura di Pavia ha ufficialmente riaperto le indagini, portando alla luce elementi che ribaltano certezze consolidate e rilanciano interrogativi cruciali. Tra questi, spicca il nome di Andrea Sempio, all’epoca amico stretto del fratello della vittima, Marco Poggi.
L’alibi che vacilla
Finora considerato solo marginalmente coinvolto, Sempio è ora al centro dell’inchiesta. Il suo alibi, sostenuto da uno scontrino di un parcheggio a Vigevano, sembra mostrare falle. In origine, si era detto che quel giorno si fosse recato in una libreria, ma nuove analisi e testimonianze mettono in discussione questa versione. Si sospetta, infatti, che a recuperare lo scontrino possa essere stata la madre di Andrea, Daniela Ferrari, il cui cellulare è risultato agganciato a una cella di Vigevano nelle ore in cui si sarebbe dovuto trovare il figlio.
Durante l’ultimo interrogatorio, la donna ha avuto un improvviso malore proprio quando le è stato fatto il nome di un vigile del fuoco con cui avrebbe avuto contatti in quei giorni. Anche Andrea, si apprende ora, si sarebbe sentito male il giorno stesso in cui lo scontrino fu consegnato ai carabinieri. Un dettaglio mai annotato nei verbali dell’epoca.
Le prove materiali: Dna, impronte e confessioni velate
Tra gli elementi che riaccendono i sospetti figura una traccia di Dna riconducibile a Sempio, rilevata sotto le unghie di Chiara. Inoltre, una delle impronte palmari repertate sulla scala della villetta – la cosiddetta “numero 33”, inizialmente giudicata non rilevante – è ora oggetto di nuove analisi forensi. Gli inquirenti ipotizzano possa essere stata lasciata da chi si era sporto per verificare le condizioni del corpo dopo una spinta.
Oltre a questa, un’altra impronta – la “numero 10” – è stata trovata sulla porta d’ingresso, impressa con una mano apparentemente insanguinata. Non appartiene né alla vittima, né a Stasi, né ai familiari. Potrebbe dunque suggerire la presenza di un’altra persona sul luogo del delitto.
A rendere ancora più enigmatico il comportamento di Sempio è un post pubblicato da lui nel 2014, il giorno della condanna in appello bis di Alberto Stasi. Il messaggio, accompagnato da un disegno, citava una celebre frase del Piccolo Principe: “L’essenziale è invisibile agli occhi… non dimenticare il mio segreto”. Un riferimento ambiguo che ha alimentato ulteriori dubbi.
Contraddizioni e testimonianze
Anche le dichiarazioni dei genitori di Chiara, rilasciate nel 2016 in un’intervista televisiva, sono ora sotto osservazione. All’epoca sostennero che Andrea non era mai entrato nella loro casa, ma soltanto atteso il figlio Marco all’esterno. Tuttavia, il racconto di Marco e altre testimonianze lo collocano frequentemente negli ambienti interni della villetta, in particolare nel seminterrato dove si trovavano videogiochi e console, abituale luogo di ritrovo dei ragazzi.
La difesa di Sempio minimizza: secondo il suo legale, Angela Taccia, l’impronta sulla scala sarebbe compatibile con l’abituale frequentazione della tavernetta. Ma per gli inquirenti, l’altezza e la posizione della traccia la rendono sospetta.
Stasi, nuove dichiarazioni e vecchi errori
Intanto, Alberto Stasi, ex fidanzato della vittima e unico condannato per il delitto, ha quasi terminato di scontare la pena a 16 anni. Il suo avvocato, Antonio De Rensis, ha ribadito che, a suo parere, Stasi è innocente e che le indagini iniziali non hanno esplorato tutte le piste disponibili: “Oggi sappiamo che molti aspetti non sono stati approfonditi, forse perché si dava per scontato che il colpevole fosse solo uno”.
Durante un recente interrogatorio, Stasi ha risposto a tutte le domande, ma – sottolinea il legale – non si è tornati sulle ore immediatamente precedenti al delitto, segno che l’indagine attuale si muove su binari nuovi.
Ipotesi e ombre
Tra gli interrogativi irrisolti, anche quello legato a una misteriosa impronta mai attribuita, e alla figura – finora secondaria – di Stefania Cappa, vista apparentemente in stato di agitazione nei pressi della casa della nonna con un borsone in mano. Il legale dei Poggi, Gian Luigi Tizzoni, ha smentito categoricamente di aver nascosto elementi importanti per proteggere questa persona o la sua famiglia: “Non ho mai avuto rapporti professionali con il padre di Stefania. Sono storie completamente inventate”.
Una nuova verità all’orizzonte?
Tra impronte dimenticate, scontrini sospetti, post criptici e contraddizioni, il caso Garlasco si presenta oggi come un mosaico che potrebbe, per la prima volta, ricomporsi. La tecnologia forense moderna offre strumenti che nel 2007 non erano disponibili e potrebbe fare finalmente luce sull’identità dell’assassino di Chiara Poggi. Perché, al di là delle inchieste, delle teorie e dei dibattiti mediatici, resta una sola certezza: una giovane donna è stata brutalmente uccisa, e merita giustizia.