A diciotto anni dall’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto il 13 agosto 2007 nella villetta di famiglia a Garlasco (Pavia), nuove domande tornano a scuotere l’opinione pubblica. Albina Perri, direttrice del settimanale “Giallo”, ha recentemente sollevato interrogativi su un articolo pubblicato dalla sua rivista qualche mese fa, focalizzandosi sulle impronte rinvenute sulla scena del crimine.
“Sulla scena del crimine c’erano molte impronte di suole diverse da quelle a pallini. Di chi erano? Quante persone c’erano in casa Poggi quando Chiara è stata uccisa?”, ha scritto Perri in un post sui social, rilanciando un dibattito che non si è mai spento.
L’articolo di “Giallo” citato dalla direttrice si basa su perizie e analisi di esperti che da anni sostengono una tesi controversa: il corpo di Chiara Poggi sarebbe stato trasportato da almeno due persone dopo l’omicidio. La criminalista Laura Marino, citata nel pezzo, spiega che esiste una “base scientifica” per questa ipotesi. “Il trasporto del corpo richiede l’intervento di almeno due persone”, afferma Marino, sottolineando come la posizione del cadavere sulle scale che portano alla cantina – con una pozza di sangue al piano terra – indichi un movimento post-mortem. Una persona sola non avrebbe potuto gestire il peso e la logistica senza lasciare tracce incoerenti, come l’assenza di strisciate o modifiche alle macchie ematiche.
A supporto di questa teoria, l’articolo richiama la perizia del professor Francesco Introna, docente di Medicina Legale all’Università di Bari. Nel suo rapporto di 144 pagine, datato anni fa ma ancora rilevante, Introna conferma che la scena del crimine non quadra con l’azione di un singolo individuo. “La posa del corpo è incompatibile con un’azione solitaria”, si legge nel documento, che analizza anche le impronte latenti trovate sul pavimento. Queste includono tracce di suole diverse da quelle “a pallini” – le famose impronte associate alle scarpe di Alberto Stasi, il fidanzato di Chiara condannato in via definitiva a 16 anni di reclusione per l’omicidio.
Le impronte misteriose, parziali e non identificate, suggeriscono la presenza di più persone in casa al momento dei fatti o subito dopo.L’articolo menziona anche un “nuovo indagato” dell’epoca, Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara, la cui posizione fu archiviata nel 2017 dopo un breve approfondimento. Tuttavia, le recenti pubblicazioni di “Giallo” – come quelle su impronte a forma di “X” o “onda” nel salotto, non riconducibili a scarpe né alla barella dei soccorritori – riaprono scenari alternativi.
Queste tracce, evidenziate con luminol durante i sopralluoghi del 2007, rimangono inspiegate e alimentano teorie su complici o intrusi.Nonostante la condanna di Stasi, basata su prove indiziarie come il DNA sulle biciclette e l’alibi inconsistente, il caso Garlasco continua a dividere. La Procura di Pavia ha riaperto indagini su nuovi elementi, inclusi DNA non identificati e lesioni sul corpo di Chiara compatibili con oggetti come una stampella.
Albina Perri, instancabile nel perseguire piste alternative, insiste: questi dettagli potrebbero ribaltare la narrazione ufficiale, ponendo l’accento su errori investigativi iniziali, come la mancata raccolta immediata di impronte digitali o temperatura corporea.
Mentre le famiglie coinvolte – dai Poggi agli Stasi – affrontano querele e polemiche mediatiche, il mistero di Garlasco rimane un monito: in cronaca nera, la verità è spesso un puzzle incompleto.