Torna al centro dell’attenzione il delitto di Garlasco, e questa volta lo fa rispolverando una pista mai realmente uscita dal campo delle ipotesi: quella dei suicidi “sospetti” e di presunti legami con ambienti satanici. A rilanciare la teoria, a distanza di anni, è la stessa difesa di Alberto Stasi, condannato in via definitiva per l’omicidio di Chiara Poggi. Una pista che prende origine non da elementi giudiziari concreti, ma da una vecchia denuncia firmata dai suoi avvocati.
La vicenda ha una data precisa: 1° settembre 2017. In quel giorno l’avvocata Giada Bocellari, storica difensora di Stasi, si presenta dai carabinieri per segnalare episodi che, a suo dire, potrebbero essere collegati a indagini “private” svolte dal suo studio su alcuni suicidi avvenuti tra Garlasco e la Lomellina. Nella sua stessa denuncia chiarisce che quei decessi non sembrano in alcun modo connessi al caso Poggi. Eppure, è da lì che parte tutto.
A innescare l’escalation sono, secondo il racconto della legale, alcuni episodi che lei giudica inquietanti. Mentre si trovava in un fast food con un amico, un uomo che stava mangiando un gelato avrebbe iniziato a seguirli in auto — una Audi — lungo la Milano-Meda. Poco dopo, l’auto si sarebbe dileguata. Pochi giorni più tardi, un altro avvocato dello stesso studio, Fabio Giarda, avrebbe vissuto un’esperienza simile: una vettura con atteggiamento sospetto notata nel parcheggio di San Barnaba. In quel caso, però, l’auto era un’Alfa Romeo.
Nella denuncia, la Bocellari parla anche di contatti ricevuti tramite Facebook da due donne. Una si definisce sensitiva e la mette in guardia da presunti ambienti legati al satanismo; l’altra, residente a Gratosoglio, concorda un incontro in un centro commerciale ma poi annulla l’appuntamento. Nessuna delle due fornisce elementi verificabili, ma la loro corrispondenza finisce comunque allegata alla segnalazione.
Interrogata come persona informata sui fatti il 2 settembre, la Bocellari ribadisce che le indagini da lei avviate non hanno condotto a collegamenti concreti con l’omicidio Poggi. Il collega Giarda, sentito due giorni dopo, conferma le stranezze notate nel parcheggio, ma si dice incerto sul fatto che possano essere realmente legate al lavoro legale svolto sul caso.
Eppure, è proprio questo materiale — fatto di segnalazioni informali, episodi ambigui e allusioni via social — ad aver dato vita a una narrativa che oggi torna in circolazione, amplificata da alcuni media e rilanciata perfino in prima serata televisiva. In particolare, il programma “Porta a Porta” ha dedicato un’intera puntata a quella che ha definito “la pista degli strani suicidi”, arrivando persino ad accennare a possibili legami con ambienti satanici.
Ma cosa c’è davvero dietro questi suicidi? Secondo gli avvocati della difesa, sarebbero una decina i casi sospetti nel raggio di pochi chilometri da Garlasco. Tuttavia, un’analisi statistica ridimensiona queste ipotesi: in provincia di Pavia, ogni anno si registrano circa 29 suicidi. Cinque in diciannove anni, come accaduto a Garlasco, non costituiscono un’anomalia significativa. Peraltro, diversi dei casi citati nella denuncia del 2017 non si sono verificati a Garlasco, ma in comuni limitrofi, tra cui Vigevano, città da oltre 60.000 abitanti.
A distanza di tempo, la pista viene comunque riproposta. L’avvocato Antonio De Rensis, oggi in difesa di Stasi, ha recentemente accennato a “un santuario dove si è accertato che accadevano cose”, senza chiarire a cosa si riferisse né presentare elementi che leghino quel luogo ai fatti.
I messaggi ricevuti dalla sensitiva e dalla donna che ha dato buca all’incontro sono stati mantenuti in archivio dallo studio legale per anni, e solo nel 2017 sono stati consegnati ai carabinieri. Giarda stesso, nel suo verbale, ha dichiarato di non ricordarne il contenuto.
La pista dei suicidi e del satanismo, dunque, torna a circolare non grazie a nuove prove ma per via di documenti vecchi, mai ritenuti rilevanti dalle autorità giudiziarie e fondati su segnalazioni di dubbia attendibilità. Eppure, in un contesto mediatico sempre in cerca di suggestioni, bastano poche allusioni per riportare sotto i riflettori un processo già definito da sentenze irrevocabili.