Garlasco, omicidio di Chiara Poggi. Scioccante conclusione dei periti: non c’era sangue sull’impronta che condannò Stasi

Dopo anni di silenzio e condanne definitive, il delitto di Chiara Poggi torna a occupare il centro della cronaca giudiziaria. Nella giornata di ieri, 17 giugno, all’interno della Questura di Milano è iniziato un maxi incidente probatorio che potrebbe riaprire scenari inaspettati sul caso Garlasco.

Un momento decisivo, disposto dalla gip Daniela Garlaschelli, che vede coinvolti i legali della famiglia Poggi, del condannato Alberto Stasi, e del nuovo indagato Andrea Sempio. Sotto la lente ci sono vecchi reperti e nuove verifiche scientifiche, in un clima teso e carico di aspettative. Ma il primo giorno di analisi ha riservato più dubbi che certezze.

L’intonaco scomparso e l’impronta 33

Uno dei dettagli più discussi è l’assenza dell’intonaco da cui era stata prelevata, nel 2007, l’impronta 33, visibile sul muro della scala interna della villetta di via Pascoli. Una fonte interna ha confermato che il reperto fisico non è più disponibile: resta solo materiale fotografico. Un limite pesante per chi sperava in nuovi test su quella traccia, oggi attribuita dalla procura a Sempio, ma all’epoca risultata negativa al test OBTI (impiegato per rilevare sangue umano).

Le impronte “su acetato”: più ostacoli che risposte

Gli investigatori, ieri, si sono trovati anche davanti a un altro ostacolo inatteso: niente fascette para-adesive, come si pensava. Le impronte in esame sono state invece conservate su fogli di acetato, una modalità che potrebbe compromettere la qualità delle analisi previste. Tra queste, c’è anche l’enigmatica traccia n. 10, individuata sul lato interno della porta d’ingresso. Anche in questo caso, non esistono elementi per attribuirla né a Sempio né a Stasi.

Ancora sangue? No, dice la scienza

L’analisi condotta ieri ha confermato che sulla traccia 10 non vi è alcuna presenza di sangue. Una scoperta che mina la teoria secondo cui l’assassino sarebbe uscito dall’abitazione senza lavarsi le mani. Il test sarà comunque ripetuto su richiesta della difesa di Stasi, ma ci si aspetta lo stesso esito.

L’impronta 97F e la maglietta di Chiara

Tra i reperti sotto analisi c’è anche la traccia 97F, rinvenuta sul muro sinistro della scala che conduce alla taverna, vicino al luogo del ritrovamento del corpo. Gli inquirenti ipotizzano che possa essere collegata al pigiama indossato da Chiara Poggi. Ma secondo il consulente della famiglia Poggi, Marco Radaelli, si tratta di un’impronta su tessuto “non classificabile né attribuibile”.

Una ricostruzione che si affianca a quella della traccia 33, la cui posizione lascerebbe intendere un possibile gesto simultaneo con la mano sinistra. Ma anche qui, nessuna certezza.

Parla la difesa

«Abbiamo iniziato a valutare la catena di custodia e lo stato dei reperti. Il materiale sembra ben conservato», ha dichiarato l’avvocata Giada Bocellari, legale di Alberto Stasi. Ottimismo condiviso anche dal consulente di Andrea Sempio, Luciano Garofano: «Oggi si cominciano le campionature. Credo nell’innocenza di Sempio».

Prossimi passi

Nei prossimi giorni si entrerà nel vivo con ulteriori analisi su DNA e impronte. Gli esiti verranno confrontati con i profili genetici non solo di Stasi e Sempio, ma anche di Paola e Stefania Cappa (cugine di Chiara), Marco Panzarasa (amico di Stasi) e altri soggetti vicini alla vittima.

Il percorso è lungo, ma un punto è chiaro: dopo 17 anni, la verità giudiziaria ormai definita – e che ha portato Stasi in carcere – sembra venire messa sempre di più in discussione. E questa volta, gli occhi sono puntati sui dettagli tecnici, e sulla loro reale conservazione.