Paolo Gentiloni ha accettato l’incarico di formare un nuovo governo. Il presidente del consiglio incaricato ha illustrato al presidente della Repubblica Sergio Mattarella la lista dei ministri. Alle 20 è atteso il giuramento.
Ecco la lista del nuovo governo Gentiloni:
Esteri – Angelino Alfano
Interno – Marco Minniti
Giustizia – Andrea Orlando
Economia – Pier Carlo Padoan
Sviluppo Economico – Carlo Calenda
Coesione territoriale – Claudio De Vincenti
Agricoltura – Maurizio Martina
Ambiente – Gian Luigi Galletti
Trasporti – Graziano Delrio
Lavoro – Giuliano Poletti
Scuola – Valeria Fedeli
Turismo – Dario Franceschini
Trasporti – Graziano Delrio
Salute – Beatrice Lorenzin
Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio – Maria Elena Boschi
Ministri senza portafoglio:
Rapporti con il Parlamento – Anna Finocchiaro
Semplificazione e P.A. – Marianna Madia
Affari regionali – Enrico Costa
Coesione territoriale e mezzogiorno – Claudio De Vincenti
Sport – Luca Lotti
«Ho cercato di conciliare l’esigenza di tempi stretti, così come indicato dalle parole di Sergio Mattarella, con quella di ascoltare tutti», ha affermato Gentiloni. Ieri dopo un colloquio di circa mezz’ora con Mattarella, il premier incaricato ha accettato (con riserva) il mandato e si è detto «consapevole dell’urgenza» di dare all’Italia un governo «nella pienezza dei poteri». Inevitabile registrare «l’indisponibilità» delle maggiori forze di opposizione a condividere un orizzonte di responsabilità.
I colloqui a Montecitorio
Dopo i passaggi obbligati dai presidenti di Camera e Senato, infatti, Gentiloni dà il via a un rapido giro di colloqui, nella sala del cavaliere di Montecitorio. Gli incontri con i partiti minori non cambiano nella sostanza il perimetro della futura maggioranza, ma compongono l’agenda del nuovo presidente del Consiglio. Lui assicura «massimo impegno e determinazione» nell’affrontare le priorità «internazionali, economiche, sociali», a iniziare, è la sottolineatura, «dalla ricostruzione delle zone colpite dal terremoto».
La convinzione di Gentiloni: “Dobbiamo finire il lavoro di Renzi” (Martini)
Il calendario delle consultazioni
Alle 9:30 è toccato a Fratelli d’Italia, alle 10 Svp (Südtiroler Volkspartei), alle 10:15 il gruppo Civici e innovatori, alle 10:45 Conservatori e riformisti, alle 11:00 Area popolare, alle 11:30 Forza Italia e alle 12:30 il gruppo Gal del Senato. Alle 12:00 è prevista anche la direzione del Pd mentre lo stesso partito vedrà il premier incaricato alle 14:00. In polemica con la scelta del Quirinale Cinque Stelle e Lega Nord hanno deciso di non partecipare.
Il risiko dei ministri: spuntano Fassino e Finocchiaro (Schianchi)
Il caso dei verdiniani
«Non voteremo la fiducia a un governo che ci pare al momento intenzionato a mantenere uno status quo, che più dignitosamente sarebbe stato comprensibile con un governo Renzi-bis». Così Denis Verdini e Enrico Zanetti in una nota affermando che il governo «deve assicurare il giusto equilibrio tra rappresentanza e governabilità, senza rinunciare, in nome di pasticciate maggioranze, a quest’ultimo principio».
Meloni: “Gentiloni? Prestanome di Renzi”
«Siamo qui per rispetto istituzionale, lo stesso che a Gentiloni, Renzi e al Pd chiediamo di avere anche nei confronti degli italiani, che vogliono discontinutà e che non si sentono rappresentati da questa maggioranza e da Renzi» ha detto Giorgia Meloni al termine delle consultazioni della delegazione FdI con il presidente incaricato, Paolo Gentiloni. «Riteniamo quindi intollerabile un gioco delle tre carte con Renzi che fa finta di dimettersi e mette a Palazzo Chigi un prestanome, con le stesse facce, la stessa maggioranza e le stesse politiche».
Alfano verso il ministero degli Esteri
Una delle ipotesi più probabili del governo Gentiloni è che Angelino Alfano potrebbe passi dal Viminale al dicastero degli Esteri. D’altronde, Alfano potrebbe rappresentare un elemento di garanzia del rapporto con il Partito Popolare Europeo. Nel corso di questi anni al governo ha consolidato i rapporti con le cancellerie internazionali e partecipato ai summit dei leader del Ppe che precedono i vertici dei capi di Stato e di governo. Tra i punti a favore di Alfano alla Farnesina i rapporti con il premier spagnolo Mariano Rajoy e con la cancelliera tedesca Angela Merkel. E anche con Theresa May e Bernard Cazeneuve, ha avuto modo di stringere legami nei tempi in cui reggevano i dicasteri degli Interni prima di diventare rispettivamente primo ministro del Regno Unito e primo ministro della Francia. Altro punto a suo favore, potrebbe essere il fatto di non essersi schierato dalla parte della Clinton alle presidenziali Usa, che hanno visto trionfare Donald Trump. Maria Elena Boschi potrebbe invece ricoprire l’incarico di sottosegretario alla presidenza del Consiglio.
I nodi sul tavolo
Nel programma ci sono il dossier banche, con la crisi di Mps, certo, ma anche la «questione sociale». Non solo legge elettorale, insomma, anche se il premier incaricato sottolinea di volerne «accompagnare e se possibile facilitare il percorso delle forze parlamentari». Le parole scelte per parlare agli italiani dal Quirinale non appaiono casuali, quasi a voler chiarire sin da subito che il dibattito sulla legge elettorale sarà in qualche modo lasciato al Parlamento, evitando – come accaduto per l’Italicum, approvato con la fiducia – che il Governo si inserisca in prima persona in una materia che la Costituzione inserisce tra le competenza di Camera e Senato. Questo, viene spiegato, potrebbe aiutare a «svelenire il clima» che si è creato intorno alle regole del gioco. Nessuna melina, però: da una posizione «di maggiore neutralità» rispetto al passato, il nuovo inquilino di palazzo Chigi, viene spiegato, non eviterà di usare tutti gli strumenti utili per raggiungere il risultato. La strada maestra, comunque, sembra essere quella di aspettare la pronuncia della Consulta, attesa il 24 gennaio prossimo, e coinvolgere le forze possibili attraverso una “virata” proporzionale.
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