Gianfranco Rosi, ‘In viaggio’ con Papa ‘rock’ Francesco

Alla fine Gianfranco Rosi lo dice alzando il tono della voce per coprire le urla dei fan del cantautore Harry Styles oggi al Lido per DON’T WORRY DARLING: “Non crediate sia diverso quando si muove Papa Francesco, le urla sono le stesse: lui è proprio un Papa Rock”. Così il regista di FUOCOAMMARE nel raccontare il suo IN VIAGGIO, documentario fuori concorso in questa 79/a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e in sala il 4 ottobre (il giorno di San Francesco) con 01. Un’opera in itinere che il regista, già Leone d’oro nel 2013 con SACRO GRA e Orso d’oro nel 2016 per FUOCOAMMARE, ha continuato ad aggiornare fino all’ultimo. Un documentario che racconta nove anni di pontificato di Bergoglio attraverso 37 viaggi, dal Brasile a Cuba, dagli Stati Uniti all’Africa, fino al sud est asiatico.

Il tutto composto da immagini di repertorio, immagini del cinema di Rosi e ancora immagini di attualità e storia più recente. E poi ovviamente nel film i discorsi del Papa su poveri, natura, migrazione, dignità, guerra e pedofilia nella Chiesa. “Ho avuto intanto libertà assoluta – dice Rosi – e anche poi sei mesi per decidere se farlo o meno. Ho poi selezionato circa 200 ore di materiale (dalle 800 originali) e mi sono ritrovato a dover montare per un intero anno per arrivare a una sintesi di ottanta minuti. E questo per un film che resta comunque ‘aperto’”. E Gianfranco Rosi, che non a caso chiude IN VIAGGIO con un aereo sulla pista di rullaggio, ribadisce più volte: “La guerra in Ucraina ha cambiato le cose. Se il Papa partirà alla volta di Kiev io ci sarò. Questo film non è finito”. I suoi incontri con Papa Francesco? “Dopo FUOCOAMMARE mi ha chiesto di incontrarlo una volta – dice – e poi a Malta sono andato a salutarlo, ma devo dire che quello che più mi colpisce, oltre alle parole, sono i suoi silenzi. Tra i ricordi più belli quelli del suo viaggio in Canada nel quale il pontefice ha chiesto pubblicamente scusa per quello che avevano fatto i missionari ai nativi. Allora parlò addirittura di ‘olocausto culturale’ dicendo: ‘Il papa chiede scusa in nome della Chiesa e anche personalmente’. Ma da quanto ho potuto capire sono molti quelli che non l’hanno mai perdonato”.

Cosa ha spinto Rosi a realizzare quest’opera? “È stata un’esperienza di vita, ma anche un atto di umiltà. Soffrivo, ad esempio, quando vedevo certi materiali di repertorio tv girati male pensando a come li avrei fatti io. Quello che invece mi ha colpito di lui è la sua capacità di esprimersi a vari livelli, vale a dire con i giornalisti, con la gente per strada, con altre autorità religiose. È un Papa che parla ai credenti e non credenti. Non posso mai dimenticare – sottolinea – il suo sguardo nelle Filippine dopo la tragedia del tifone quando incontrava i poveri”. Tra i punti di contatto tra Papa Francesco e Rosi: “Tutto quello che dice Bergoglio per me che sono laico è un mondo che comunque mi appartiene, perché sono discorsi universali che molti politici dovrebbero adottare”. È caduta la barriera tra cinema di fiction e cinema del reale? “Netflix non farà mai vedere i miei lavori, perché non rispettano il loro algoritmo. Su questa piattaforma ormai non c’è più nemmeno il nome del regista e ormai molti giovani cineasti stanno sposando questa formula”. Papa Francesco è un Papa solo? “Si, lo si capisce subito, e poi è anche pieno di coraggio: l’ho visto girare sulla sua auto senza alcuna protezione senza mostrare alcuna paura”.


Fonte originale: Leggi ora la fonte