Signore e Signori, abbiamo il grande onore di presentarvi la nuova residenza di Gianni Versace, lo stilista reggino che ci ha mostrato come la moda sia solo uno specchio della grande complessità della vita.
La sua casa è nel Kronprinzepalais, a Berlino, ed è visitabile dal 30 gennaio al 13 aprile. È ovvio che stiamo parlando metaforicamente, e che questa non è stata la sua vera dimora, ma una mostra che lo celebra.
Tuttavia, l’aura magica che avvolge questa fashion exhibition non si perde del tutto, poiché il geniale designer voleva tornare nella capitale tedesca, dove curò la mostra Signatures nel 1994: rimasto affascinato dalla vivacità culturale della città, promise a se stesso che quello non sarebbe stato il suo ultimo soggiorno a Berlino.
Oggi il suo desiderio si realizza e abbiamo il privilegio di respirare il suo spirito girando tra i manichini, abbagliati dalle sue creazioni, gentile prestito dei suoi maggiori collezionisti, tra i quali spicca Antonio Caravano, che vanta una delle più ricche collezioni private di Gianni Versace a Napoli.
L’evento è un tributo alla fondazione del marchio, che festeggia i quarant’anni da quando, proprio in Germania, a Lippstadt, il 5 febbraio 1978, ci fu la prima sfilata assolo dello stilista, organizzata dall’imprenditore tessile Albert Eickoff, il primo a notare il grande talento di Versace, colpito dai bozzetti che aveva visto a Firenze, due anni prima.
La mostra si articola in varie sezioni, e la scelta dei pezzi esposti riguarda gli anni Novanta, la decade in cui il designer spiccò il volo e creò il concetto di top model, rendendo noti a tutti nomi come Claudia Schiffer, Naomi Campbell, Cindy Crawford. Erano loro le portatrici del credo del designer: colour, short, print, le parole chiave che Gianni Versace, intervistato per una sfilata del 1991, sintetizzò in risposta alla domanda «What women want from fashion?». Esplodono nei suoi abiti colore e stampe, per esprimere le numerose sfumature dell’esistenza umana e il bagaglio di esperienze che ciascuno di noi si porta dietro, venendo a contatto con altre realtà.
Il termine “short”, invece, si giustifica con l’esigenza di ritmo, velocità e libertà.
«I’m a little like Marco Polo, going around and fixing cultures»: e il verbo si fece carne nella sala intitolata Life and Work, in cui riconosciamo i modelli più celebri, dai gol ni a pancia scoperta con il collo alto in tonalità pastello rosa e celeste, alle creazioni barocche oro e nero, al tartan viola, verde
e blu, al tailleur con allacciature bondage arancione o verde pistacchio, no ai famosi abiti con stampe pop o che ritraggono la classica greca e la Medusa.
È interessante la presenza di sale dedicate esclusivamente a creazione per l’uomo: Versace, infatti, fu il primo a rendere viva nella moda la gender discussion, rivoluzionando il tradizionale standard estetico maschile. Preparate i bagagli e partite, alla (ri)scoperta di Gianni Versace, l’artista cui dobbiamo molto.
Claudia Nesci, La RepubblicaSM