
(ANSA) – PARMA, 25 GEN – “Sono qui per onorare la memoria di
Renzo Cavallina, il suo coraggio e le sue grandi qualità. Non è
certo stata una persona ordinaria”. Così Gigi Buffon, il
portiere del Parma che nel pomeriggio è stato uno dei
protagonisti della presentazione del libro ‘La scelta di
Cavallina’, che ripercorre la vicenda dello storico portiere del
Parma degli anni ’40 e ’50, ma anche allenatore in Libia negli
anni ’60, che viene ricordato e commemorato nella città emiliana
perché nel 1943 scelse il lager piuttosto che aderire alla
Repubblica sociale italiana (Rsi).
Al fianco di Buffon, l’autore Lamberto Gherpelli e il
giornalista Matteo Marani, presidente della Fondazione del museo
del calcio Figc. “Cavallina fu un precursore in tutta la sua
vita, non solo durante la guerra – ha aggiunto il portiere -.
Sentendo la sua storia sono ritornato bambino quando mio padre,
e anche mia madre, mi raccontavano storie di sportivi speciali.
Ero affascinato dalle loro parole e questo mi ha aiutato nella
mia carriera e nella mia vita. Mi parlavano del mito Zamora, di
Pelè, di Didì ma anche di Zoff, Albertosi e Riva. Avevo quei
miti sempre davanti ai miei occhi e desideravo poter emulare
almeno una parte delle loro gesta. La storia di Cavallina è bene
quindi ricordarla e raccontarla, soprattutto ai ragazzi, perché
permette a tutti noi di aumentare la nostra attenzione verso
temi importanti come quelli scritti in questi libro”.
Ma la storia di Cavallina è anche la storia di una lunga
carriera sportiva, con grande intraprendenza come quando andò in
Libia per primo ad allenare, “ed io come lui – aggiunge Buffon –
guardo sempre avanti e sogno il futuro immaginandolo, con la
fantasia, con altri scudetti da vincere e magari un secondo
mondiale. Perché bisogna sempre, come faceva Cavallina, non
fermarsi mai, immaginare sempre il futuro. La bellezza della
vita è che tutti possono provare a vivere come la si desidera.
Cavallina ha dimostrato questo con scelte libere, consapevoli,
anche contro il consenso della gente. La vita è una ed è sempre
nostra. Credo che oggi lui sarebbe felice di sentire che è
diventato un simbolo”. (ANSA).
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