Giustizia e credibilità delle toghe (L’editoriale di David Oddone)

“Molti giudici sono incorruttibili, nulla può indurli a fare giustizia”. Lo ha detto Bertolt Brecht con una punta di sarcasmo e dileggio.

Una frase che dà da pensare. Nell’imperscrutabile universo delle aule di Tribunale, dove si scontrano destini e responsabilità, si materializza la necessità di una giustizia che non tema di affrontare i propri custodi, i magistrati stessi, quando il dovere e la legge lo richiedono.

In un contesto sociale segnato da dubbi e incertezze, l’imparzialità dei tribunali diventa un faro di speranza e aspettativa per coloro che hanno ancora fiducia nelle istituzioni e nella giustizia.

Riflettendo sul recente caso di cronaca italiano, che ha visto la condanna di un notissimo ex magistrato, sorge spontanea l’importanza di sottolineare come il Tribunale non debba mai indugiare nel suo dovere di condannare una toga che abbia commesso errori.

Non esistono privilegi o posizioni che pongano qualcuno al di sopra delle leggi che governano una società civile. La giustizia è l’anello che tiene insieme il tessuto sociale, e la sua forza risiede nell’imparzialità e nel coraggio di giudicare senza pregiudizi.

È un fatto incontrovertibile che il potere giudiziario debba dimostrare fermezza e determinazione nel garantire l’equità e la parità di trattamento per tutti i cittadini.

Ogni violazione, commessa da chiunque, richiede una risposta decisa.

Il coraggio di condannare quella toga che abbia commesso errori non è frutto di vendetta o di una punizione spietata, bensì l’espressione di un’autentica tutela della giustizia.

La condotta di un magistrato, oltre a essere indicativa della sua integrità, influenza profondamente l’immagine delle istituzioni e della giustizia stessa agli occhi della gente.

Nel momento in cui il Tribunale si erge come baluardo impenetrabile, respingendo qualsiasi tentativo di elusione e condannando con fermezza chi si macchia di condotte non compatibili col delicato ruolo che ricopre, esso diventa credibile e autorevole.

Solo attraverso tale incrollabile determinazione, quello giudiziario si distingue dagli altri poteri, quale supremo garante della tenuta del sistema democratico.

Risuonano quasi come un monito le parole di Oriana Fallaci: “Ciò che egli cercava, che ogni creatura degna d’essere nata dovrebbe cercare, non esiste. È un sogno che si chiama libertà, che si chiama giustizia. E piangendo bestemmiando soffrendo noi possiamo solo rincorrerlo dicendo a noi stessi che quando una cosa non esiste la si inventa. Non abbiamo fatto lo stesso con Dio? Non è forse il destino degli uomini quello di inventare ciò che non esiste e battersi per un sogno?”.

Ma l’esempio italiano è finalmente virtuoso.

 

David Oddone

(La Serenissima)