Giustizia, gli italiani voteranno su questi referendum

La Corte Costituzionale ha ammesso quattro referendum in materia di giustizia, mentre va avanti l’esame sugli altri quesiti presentati. Il referendum della cannabis, salvo cambio di programmi in corso, sarà l’ultimo ad essere esaminato. Vediamo subito quali sono i quesiti dichiarati ammissibili: abrogazione delle disposizioni in materia di incandidabilità, limitazione delle misure cautelari, separazione delle funzioni dei magistrati, eliminazione delle liste di presentatori per l’elezione dei togati del Csm. Come precisa la Consulta i quesiti “sono stati ritenuti ammissibili perché le rispettive richieste non rientrano in alcuna delle ipotesi per le quali l’ordinamento costituzionale esclude il ricorso all’istituto referendario”. Via libera, dunque, al giudizio popolare. Saranno i cittadini a decidere se riformare quelle materie.

Il primo quesito sulla giustizia riguarda la legge Severino. I promotori intendono cancellare l’intero Testo unico sulle disposizioni in materia di incandidabilità. Sono le norme, contestate dagli amministratori locali, che prevedono la sospensione per chi di loro abbia subito la condanna in primo grado per alcuni reati, ma anche le disposizioni che impediscono di candidarsi a chi sia stato condannato in via definitiva per mafia, terrorismo, corruzione e altri gravi reati.

Il secondo quesito riguarda l’applicazione delle misure cautelari. I promotori intendono ridurre l’ambito dei reati per cui è consentita l’applicazione delle misure cautelari, in particolare della carcerazione preventiva: via il finanziamento illecito ai partiti e via i reati puniti con la reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, a meno che non vi sia il rischio di fuga o l’inquinamento delle prove.

Gli altri quesiti riguardano la riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario. Uno mira ad ottenere la separazione delle carriere in magistratura cancellando le norme che permettono, allo stato attuale, addirittura quattro passaggi di funzioni tra giudici e pm: la riforma Cartabia vuole ridurre a soli due passaggi. Con altri due quesiti si vuol permettere il voto degli avvocati nei consigli giudiziari per le cosiddette “pagelle ai magistrati” (la riforma le prevede solo nel caso in cui il Consiglio dell’Ordine abbia segnalato scorrettezze del magistrato) oltre a eliminare le 25 firme che sono oggi richieste per poter presentare una candidatura alle elezioni dei consiglieri togati del Csm (la riforma già lo prevede, ed ha altresì eliminato anche le liste concorrenti). Un quesito, noto attraverso lo slogan “chi sbaglia paga”, mira a introdurre la responsabilità civile diretta dei magistrati: ad oggi la responsabilità è indiretta, lo Stato dunque risarcisce il cittadino che ha subito un danno ingiusto e poi può rivalersi sul magistrato che ha sbagliato.


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