L’avvocato di Kaili dice che Eva sta malissimo in carcere pensando anche alla figlia di 22 mesi che sta sola col nonno anziano.
Ricordiamolo, è in carcere, ma un processo deve ancora iniziare.
Ancora non c’è un giudice terzo che possa condannarla.
Ma è in carcere. Con una bimba piccola che di colpo non ha papà e mamma.
I magistrati hanno deciso che deve fare Natale e Capodanno in carcere.
Preventivamente.
Perché?
Può inquinare prove? No!
Può reiterare il reato? No!
Può influenzare l’Europa verso il
Qatar?
Più di quanto non ci influenzi il
Qatar quando ci vende il gas per riscaldare le nostre case? Che ipocrisia.
Hanno trovato i soldi, hanno bloccato i conti correnti, lei non è più in Parlamento.
Cosa può fare per meritare il carcere preventivo lontano da una bambina?
Niente.
Può parlare, confessare, tirare dentro altri!
Eh no. No! Questa non è giustizia.
Questo è al fuori di ogni principio giuridico civile, democratico.
È barbarie.
È disumano.
E prassi ormai. Ma è una prassi barbara!
Che accettiamo tutti quando tocca agli altri.
Orribile.
È peggio del delitto. È delinquenziale.
C’è di più. Di peggio.
Gli avvocati non hanno fatto ricorso per il prolungamento di un mese del carcere preventivo.
Perché?
Perché, sostengono, un pronunciamento negativo della Corte di Appello potrebbe precludere,in futuro, la possibilità di avere sentenze di scarcerazione da parte delle Corti di prima istanza.
Cioè, dicono, potrebbero mai i magistrati di prima istanza prendere decisioni diverse dai magistrati di livello superiore?
Quindi stai in carcere non per diritto, per valutazioni di merito, ma per non contraddizione, rispetto ad altre scelte.
Se pensi che sia giusto scarcerare non scarceri per non contraddire i livelli superiori.
Pensate come, quanto, dove arriva, il livello di soggezione della difesa. Delle difese.
È diritto? È giustizia? C’è parità fra accusa e difesa? È barbarie.
Naturalmente a questo si aggiunge, in questo caso, come sempre, la sentenza anticipata della stampa.
E quella anticipata con sdegno popolare delle piazze.
Ma non si fa giustizia con la tortura, con la gogna.
Si farà il processo, si chiariranno le responsabilità di ognuno.
E ognuno pagherà per le sue colpe.
Ma un processo, non la tortura, non la gogna
Sergio Pizzolante