L’accusa è tremenda e strisciante. Di più, scivolosa e aperta alle interpretazioni più spinte, con la nuova guerra fredda tra Usa e Russia che si erge sullo sfondo. Alcuni hacker informatici russi, i Fancy Bear’s, hanno portato un altro attacco al cuore dell’America, dopo i pc di Hillary Clinton. Stavolta hanno violato il database ‘Adams’ della Wada, l’Agenzia Antidoping mondiale, che contiene le schede di ogni singolo atleta, per poi piazzare un vero e proprio missile terra-aria sullo sport statunitense. Secondo la crew di cyberpirati alcuni mostri sacri dello sport hanno coperto con certificati medici ad hoc i valori anomali dei test antidoping alla vigilia delle Olimpiadi di Rio. Le prime rivelazioni fatte trapelare dai Fancy Bear’s riguardano le tenniste Venus e Serena Williams, la fuoriclasse della ginnastica Simone Biles, che a Rio ha vinto quattro ori e un argento e la stella del basket Elena Delle Donne. Secondo gli ‘Orsi’, durante i Giochi di Rio la Biles avrebbe fatto uso di di metilfenidato (una molecola psicostimolante) e anfetamine, sempre con prescrizione medica. Elena Delle Donne di anfetamine e idrocortisone. Serena Williams avrebbe assunto diverse sostanze tra cui oppiacei, e prednisone, che una volta nel fegato si converte in prednisolone, uno steroide, in vari periodi della sua carriera. Per Venus ci sono ricette per triamcinolone (ormone antifiammatorio) e prednisone. Il tutto sotto prescrizione medica e quindi in maniera lecita.
Per Fancy Bear’s però si tratterebbe di una copertura a posteriori fornita dalla Wada e attaccano senza giri di parole: «Abbiamo capito che decine di atleti erano risultati positivi alla vigilia e durante i Giochi. I medagliati hanno usato con regolarità sostanze illecite giustificate da certificati medici. E questa è solo la punta dell’iceberg. To be continued…», lasciando intendere che la lista di nomi non finisce qui. L’Usada, l’agenzia antidoping statunitense, si è scagliata contro gli hacker: «codardi e spregevoli», prima di difendere le atlete che, sottolineano, si sono mosse all’interno delle norme antidoping. Le sostanze rivelate dagli hacker avevano determinato la positività delle atlete prima e durante i Giochi 2016 ma giustificate dal possesso di autorizzazioni terapeutiche (Tue) per curare malattie in corso. Il programma di esenzione Tue (rilasciato dalla federazione internazionale) consente di assumere sostanze dopanti nel momento in cui non esiste alternativa alla cura con farmaci non inseriti nella lista Wada. Dunque, si aspettava la risposta della Russia dopo l’esclusione della squadra di atletica da Rio e, per molti, è arrivata. Durissima e inquadrata nella ‘New Cold War’ tra russi e americani.
Proprio il Governo russo aveva accusato l’America di essere regista di un complotto in occasione dello scandalo sul doping di Stato con l’obiettivo di far fuori la Russia da Rio. D’altra parte, lo sport è sempre stato un elemento centrale delle Guerre Stellari – intese come stelle dello sport mondiale – tra i due mondi. C’è chi ricorda come, nel 1980, anno delle Olimpiadi di Mosca, boicottate dall’America dell’era Carter per l’invasione in Afghanistan, i russi del Governo Breznev si rifiutarono, durante la cerimonia di chiusura, di accendere sul tabellone l’arrivederci a Los Angeles ’84. Gli atleti di Stato russi e i figli dei college americani in un confronto iniziato dopo la fine della seconda guerra mondiale, nel quale l’orgoglio nazionale e le medaglie altro non sono che mezzi per raggiungere scopi politici e di consenso nello scenario della politica internazionale. E le Olimpiadi, il più prestigioso dei teatri per dimostrare che una nazione e il suo modello di vita è migliore dell’altro. Alla faccia dello sport e della carta olimpica. Il Resto del Carlino