L’immigrato ha pestato due agenti. Arrestato, subito scarcerato dalla pm. Il verbale choc: in Questura insulti alla polizia e agenti presi in giro.
Avete presente il senegalese che ha festeggiato la Pasqua colpendo con una sbarra di ferro due agenti di polizia al grido “Allah u Akbar”? Bene. Solo qualche settimana i poliziotti gli avevano messo le manette ai polsi. Lui hi ha minacciati, denigrati e pure pestati e alla fine un pm l’ha rimesso in libertà. Ci sarebbero elementi a sufficienza per discutere del sistema giudiziario italiano per giorni. Ma non è tutto. Perché quello che emerge dal verbale di polizia su Ndiaye Migui (che ilGiornale.it può rivelare in esclusiva) emerge uno spaccato inedito sulle situazione che i tutori dell’ordine sono costretti a subire. E che grida allo scandalo.
I fatti sono noti e pure i retroscena. Ndiaye Migui, senegalese di 29 anni, viene arrestato domenica dopo aver colpito con violenza inaudita due poliziotti. L’aggressione si consuma in via Cuneo 20, in uno stabile utilizzato come deposito dove il 26enne ha costruito il suo giaciglio con “laterizi e scarti industriali”. I poliziotti vengono feriti alla testa e alla mano ed esplode la polemica politica. “Non ci sarà alcuna tolleranza per balordi e violenti che attaccano le forze dell’ordine”, promette Salvini. Chiara Appendino augura subito “pronta guarigione”. Ma l’episodio non è frutto del caso. Anzi: suona come una sorta di un dejavu. Il 29 marzo, infatti, il senegalese era già stato portato in Questura dove si era fatto beffe dei poliziotti e poi li aveva pestati. Gli agenti lo avevano arrestato per resistenza, senza però riuscire ad identificarlo (problema non indifferente, visto che senza impronte non è possibile rinchiuderlo nelle camere di sicurezza). Sarebbe bastato un fotosegnalamento coattivo, ma il pm di turno si è opposto disponendo invece “l’immediata liberazione” dell’immigrato. E pensare che su di lui pendono due provvedimenti di espulsione mai eseguiti.
Inevitabili le proteste delle forze dell’Ordine. “Il fatto è indice di una assoluta mancanza di timore e rispetto verso la polizia“, si sfoga il segretario nazionale del Siap, Pietro Di Lorenzo. Durante i controlli in Questura, l’immigrato ha gridato di tutto insultando senza remore l’Italia, gli italiani, Salvini e il Belpaese. Quello che emerge dalla “annotazione” sul fermo di marzo ha dell’incredibile. Immaginate la scena: gli agenti cercano di convincere l’immigrato a fornire le generalità o a sottoporsi al fotosegnalamento. Lui non solo si rifiuta, ma si prende gioco di loro “facendo credere di tendere la mano per rendere possibile la scannerizzazione del palmo della mano, per poi riposizionare nuovamente le mani in maniera rigida vicino al corpo e talvolta battendole sulla lente scanner con il dorso della mano“.
Sono momenti di tensione per i poliziotti scherniti dallo straniero e impossibilitati a reagire. Anzi. Restano “indifferenti” pure alla pioggia di insulti che Ndiaye Migui vomita loro addosso. “Io non vi do le mie impronte – ripete “continuamente” il senegalese – fanculo voi, l’Italia e la polizia. Salvini è un bastardo e deve morire“. Poi l’anatema finale: “Dovete morire tutti”.
Le minacce fanno tornare la mente al carabiniere ucciso a Cagnano Varano, nel Foggiano. Il killer, pregiudiato ma libero, solo pochi giorni prima dell’omicidio aveva subito una perquisizione. In quell’occasione aveva minacciato i militari: “Ve la farò pagare”, aveva urlato contro le divise. Pochi giorni giorni dopo ha ammazzato il maresciallo Vincenzo Carlo Di Gennaro a colpi di pistola. Le vicende di Torino e Foggia sono diverse, ma un po ‘ si somigliano. Tranne che nel finale. Stavolta per fortuna non è morto nessun poliziotto.
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