Nella lotta al Coronavirus, quando la pandemia dall’Asia si è spostata in Europa, avevamo a disposizione a mo’ di riferimento due modelli: quello sudcoreano e quello cinese. Dsd – dsds
Il modello sudcoreano era, ed è, fatto di alta diagnostica e controllo sociale, tramite la temporanea rimodulazione della disciplina in materia di privacy (il che – detto nel Paese nel quale si è approfittato dell’emergenza sanitaria per approvare alla chetichella una nuova disciplina delle intercettazioni, la quale, quanto a compressione delle libertà e delle garanzie individuali, fa impallidire quella del Nord di Corea – strappa un sorriso amaro); quello cinese fatto di totale lockdown e militarizzazione.
Come noto, abbiamo optato – sebbene la Corea del Sud abbia non solo ottenuto ottimi risultati, ma sia anche un sistema abbastanza simile al nostro per popolazione, territorio, età media e, almeno ad oggi, sistema democratico – per il modello proposto dalla dittatura cinese, sebbene, come da costume nazionale, senza prendersi troppo sul serio (ve li immaginate voi i treni notturni pieni zeppi di fuori sede in fuga da Wuhan verso Pechino? No? Ecco neppure io!).
Ormai “il dado è tratto” (e speriamo di non dover aggiungere un giorno “il danno è fatto”), ma può essere utile interrogarsi circa le ragioni che ci hanno portato ad aderire entusiasticamente ad un modello in cui lo Stato, per contenere il virus, opta, senza farsi grandi problemi, per un controllo totalizzante (e, inevitabilmente, liberticida) della vita dei cittadini.
Dobbiamo stupirci, insomma, se si è scelto un modello a fronte del quale le dittature novecentesche paiano colonie estive? La risposta è no!
No, perché il nostro Governo è guidato da una forza politica che – senza scomodare dietrologicamente scenari fatti di enormi interessi economici tra fantomatiche vie della seta e ben più concreti 5G – è imbevuta della paccottiglia ideologica di chiaro stampo totalitario di Grillo e Casalaggio.
No, perché abbiamo uno dei peggiori ceti politici del mondo occidentale, fatto per lo più di inetti, i quali al fine di allontanare quanto più possibile da sé la responsabilità politica, e perché no anche giudiziaria, di settimane di sistematica sottovalutazione ideologica del rischio di contagio, giocano ora a fare gli sceriffi, volteggiando come se niente fosse dalla retorica del “è solo una influenza” a quella del “restate a casa”.
No, perché quello italiano è un popolo che tradizionalmente subisce la fascinazione dell’uomo forte, tanto da essere l’unico al mondo capace di passare d’emblée dalla venerazione della mascella volitiva di Mussolini a quella dei baffoni di Stalin (anche se l’approdo a quella per Winston Conte era obiettivamente difficile da prognosticare).
In conclusione, niente di cui meravigliarci; siam fatti così.
Tuttavia, stavolta – a emergenza smaltita, ché prima o poi finirà – una sorpresa potrebbe esserci ed essere rappresentata da quella, minoranza, storicamente esigua di Italiani, i quali non sentono alcun bisogno di un balcone, di un pulpito o di una sezione di partito da cui farsi dettare la linea. Perché, parafrasando il titolo di un volumetto che ebbe gran successo all’inizio degli anni Novanta, nel loro piccolo pure quelli fuori dal gregge si incazzano.
Avv. Massimiliano Annetta