Grillo mette il veto a Conte: no a deroghe sui due mandati

Faccia a faccia martedì scorso nella villa di Bibbona tra il fondatore del M5s e il suo leader in pectore Giuseppe Conte, alle prese con la stesura del nuovo Statuto e della e della Carta dei valori 5 Stelle. Principi e impegni che, come ampiamente dimostrato dalla storia dei grillini, lasciano il tempo che trovano, ma che dovranno sciogliere un nodo che sta molto a cuore soprattutto ai veterani del M5s: il vincolo del doppio mandato. I big grillini infatti non si sognano minimamente di tornare nel 2023 alla loro vita precedente alla politica, quindi premono sull’ex premier perché l’ultimo baluardo ancora in piedi del Movimento Cinque Stelle venga mandato al macero come tutti gli altri. Conte si è fatto portavoce dei loro interessi, ma nel suo tipico stile da mediatore, sta cercando di non scontentare neanche chi nel M5s vuole mantenere il divieto di ricandidarsi dopo due mandati. E tra questi c’è proprio il fondatore, Beppe Grillo, che a quanto filtra nel suo incontro in villa con Conte avrebbe posto un veto sulla cancellazione del vincolo. Conte sta facendo quello che gli riesce meglio: prendere tempo e rinviare la questione troppo spinosa. Ospite della trasmissione Dimartedì su La7, l’ex premier ha spiegato che la questione non sarà affrontata nel nuovo Statuto (che entro la fine di giugno sarà sottoposto al voto degli iscritti sulla nuova piattaforma web). Il nodo sarà sciolto più avanti: «Subito dopo l’approvazione dello Statuto lavoreremo per riformulare, per quanto necessario, codice etico e vari regolamenti. Affronteremo questo tema». Ma la tensione resta alta nei gruppi parlamentari, molti eletti chiedono a Conte di prendere una posizione netta sull’argomento e nell’attesa si guardano bene dal versare i mille euro mensili chiesti per riempire le casse del nuovo Movimento. I nuovi eletti alla prima legislatura temono di perdere la poltrona se dovranno lasciare posto alla vecchia guardia, i vari Di Maio, Taverna, Fico, Crimi, tutti teoricamente alla loro ultima legislatura. Conte dovrà trovare un compromesso tra Grillo e i vertici del Movimento che premono per superare la vecchia regola. Magari inventando nel nuovo statuto una «supercazzola» legalese che salvi le apparenze, mediando tra le due correnti e fingendo che non sia l’ennesima giravolta grillina: cose in cui Conte è bravissimo. Infatti ha già fatto girare un’idea, la «deroga per merito». Cioè sarebbe lui, in quanto leader, a decidere chi si può candidare anche la terza volta (e magari poi la quarta, o la quinta) in base a non meglio precisati meriti sul campo politico, in base al cursus honorum parlamentare o ministeriale. Una furbata per salvare la casta Cinque Stelle che ha scoperto la goduria dei privilegi della politica e non intende mollarli.

Intanto l’ennesima rottura scuote il movimento ormai a brandelli, quella di Raffaella Andreola. Il nome forse non dice molto ma si tratta di una dei tre componenti del collegio dei probiviri grillino (tutti molto vicini a Casaleggio), organo che viste le frequenti espulsioni e sanzioni dentro il M5s, riveste un ruolo di peso nella gerarchia pentastellata. La Andreola si è dimessa, motivando la decisione con una lettera indirizzata agli «organi associativi» del M5S e visionata dall’AdnKronos. Nella missiva la Andreola spiega le sue «dimissioni irrevocabili». E la motivazione riguarda come al solito i soldi. La Andreola racconta infatti di aver ricevuto «pressioni insistenti» per «non attuare provvedimenti disciplinari verso chi non rispettava le regole come il versamento delle quote spettanti all’Associazione Rousseau». Un partito a pezzi, ossessionato dai soldi.


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