Guerra in Ucraina, Mosca alza il muro su Nato e territori mentre annuncia la presa di Kupyansk: negoziati appesi a un filo

In una giornata segnata da frenetiche attività diplomatiche e violenti scontri sul campo, la guerra in Ucraina vive una fase di profonda contraddizione. Mentre i canali internazionali suggeriscono la vicinanza di un possibile accordo, il Cremlino traccia linee rosse invalicabili riguardo alla presenza dell’Alleanza Atlantica e al controllo delle regioni occupate. Parallelamente alle dichiarazioni politiche, dal fronte giungono notizie di avanzamenti russi nell’area di Kharkiv e nuovi raid aerei sulle infrastrutture civili.

La posizione della Russia è stata ribadita con fermezza dal viceministro degli Esteri, Sergej Ryabkov. Interpellato dai media internazionali, il rappresentante di Mosca ha chiarito che la Federazione non accetterà in alcun modo la presenza di truppe Nato sul suolo ucraino, nemmeno sotto forma di contingenti di sicurezza o forze di pace. Ryabkov ha inoltre specificato che non vi è alcuno spazio per concessioni territoriali riguardanti Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia, Kherson e la Crimea, regioni su cui la Russia non intende scendere a compromessi. Nonostante la rigidità di queste affermazioni, lo stesso viceministro ha lasciato intendere che una soluzione diplomatica potrebbe essere imminente, facendo eco a fonti statunitensi secondo le quali gran parte delle questioni tra i belligeranti sarebbe ormai risolta.

Sul terreno, tuttavia, la pressione militare non accenna a diminuire. I media di Mosca, citando fonti del Battlegroup West, hanno annunciato oggi la completa presa della città di Kupyansk, nella regione di Kharkiv, sostenendo che le truppe russe controllano ormai tutti i distretti urbani. La violenza del conflitto si è manifestata anche a Zaporizhzhia, dove un drone ha colpito un grattacielo nelle prime ore del mattino. L’attacco, confermato dalle autorità locali, ha provocato un incendio ed è stato necessario evacuare i residenti dei piani alti; il bilancio provvisorio parla di tre feriti, tra cui persone intossicate dal fumo e colpite da schegge.

Mentre il fronte orientale brucia, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky si trova oggi nei Paesi Bassi per una tappa cruciale della sua missione europea. A L’Aja, il leader di Kiev interviene davanti al Parlamento e incontra i vertici dello stato olandese, tra cui il premier Dick Schoof e il re Guglielmo Alessandro. Al centro dei colloqui vi è l’istituzione di una commissione internazionale incaricata di gestire le richieste di risarcimento per i danni di guerra, un organismo che si baserà su un registro già contenente decine di migliaia di segnalazioni.

Il sostegno olandese, tuttavia, non è privo di distinguo interni. Se da un lato il primo ministro Schoof ha ribadito la necessità di garanzie di sicurezza solide per Kiev, lasciando all’Ucraina ogni decisione su eventuali rinunce territoriali, dall’altro il leader dell’ultradestra Geert Wilders ha espresso una posizione netta: pur accogliendo Zelensky, ha sottolineato che l’Ucraina non dovrà mai entrare a far parte dell’Unione Europea o della Nato.

Il nodo territoriale resta l’ostacolo principale a qualsiasi ipotesi di tregua. Zelensky ha ribadito da Berlino, poco prima di giungere in Olanda, che l’Ucraina non riconoscerà mai il Donbass come territorio russo, né legalmente né di fatto. Il presidente ucraino ha rivelato che le diplomazie, in particolare quella americana, stanno esplorando soluzioni di compromesso, come l’ipotesi di una zona economica libera che non implichi la sovranità russa. Anche la Francia, attraverso l’entourage di Emmanuel Macron, ha fatto sapere che prima di intavolare qualsiasi discussione sui confini, è indispensabile fornire a Kiev garanzie di sicurezza blindate. La pace, definita da più parti come mai così vicina, resta dunque subordinata al superamento di questi scogli fondamentali.