
DAVID CAMERON da Londra è pronto a chiedere il voto per iniziare raid aerei in Siria. I cento uomini della Sas spediti mesi fa a combattere l’Isis non bastano più. Il presidente Hollande si prepara ad annunciare oggi a Parigi un analogo intervento con l’aviazione francese contro Isis e Al Qaeda. Il segretario di stato Usa John Kerry ha chiamato il collega russo Lavrov per avere «chiarimenti» dopo le dichiarazioni di Putin che ha anticipato nei giorni scorsi un sostanziale incremento delle forniture e dei consiglieri militari al regime di Damasco non solo per contrastare l’avanzata dei terroristi del califfato, ma anche per blindare le aree che Assad ancora controlla.
CON OBAMA già all’offensiva da settimane con bombardieri e droni e potrebbe seguire a ruota, dopo molte esitazioni le posizioni sembrano adesso diventate comuni e non si si limitano ad ampliare l’ospitalità per le decine di migliaia di rifugiati siriani che premono su ogni fronte, via terra e via mare, ma anche nel coordinare una rapida risposta militare.
Per Washington, Londra e Parigi però rimane il nodo Assad. Inghilterra, Francia e Usa vedono una soluzione della crisi siriana che non contempla la sua presenza nemmeno per il negoziato su un eventuale cessate il fuoco. Putin sull’altro fronte invece offre un piano internazionale contro i terroristi dell’Isis, ma schiera Mosca e il suo apparato militare a protezione del regime di Damasco e indica il presidente siriano come uno degli interlocutori per arrivare a un governo di transizione condiviso e a elezioni anticipate.
FRA TRE SETTIMANE tutti i leader mondiali saranno a New York per l’assemblea generale dell’Onu e il Consiglio di Sicurezza presieduto questo mese dai russi vedrà il ministro degli esteri Lavrov guidare un’intera giornata di dibattito sulle crisi in medio oriente. Le telefonate dei giorni scorsi fra Putin e Obama, il coinvolgimento di Egitto, Turchia, paesi arabi e per volontà di russi e cinesi anche dell’Iran, portano però a un bivio pericoloso: se Usa ed Europa non arriveranno ad una pragmatica intesa con Mosca sulle rispettive presenze militari in Siria, siano esse raid aerei, truppe di terra o truppe speciali, la guerra invece della tregua protrebbe svilupparsi su un fronte molto più vasto e intricato.
Hollande e Cameron pronti a far alzare i loro jet, sull’esempio di Usa e Turchia non si limitano infatti a indicare Isis e Al Qaeda come bersagli, ma vogliono includere anche l’uscita di scena di Assad tra gli obiettivi.
I RUSSI invece proteggendo il regime, potrebbero etichettare come bersagli e forze terroriste collegate all’Isis, anche i «ribelli» armati che si battono in realtà contro il regime di Assad e che continuano a ricevere aiuti sia dai paesi arabi che dagli Usa. Col passare dei giorni la posizione del presidente siriano sembra comunque diventare meno traballante anche se la «forte tutela» di Mosca potrebbe però alla fine trasformarlo in un «presidente dimezzato». Il segretario generale dell’Onu Ban ki-Moon, si augura che la cabina di regia per un eventuale coalizione internazionale abilitata all’uso della forza, trovi collocazione all’interno del Palazzo di Vetro e il suo mandato venga legittimato da una risoluzione del Consiglio di Sicurezza, così come accadde per la Libia. Evitando però gli errori di una Tripoli bis senza exit strategy.
Fonte: RESTO DEL CARLINO