
Parole chiave: «Speranza» (non nel senso di Roberto) e «miracolo». In Lombardia, il candidato della sinistra (Pd più 5 Stelle) Pierfrancesco Majorino chiude la campagna elettorale. E mostra di sapere che a meno di un miracolo (e la speranza – non nel senso di Roberto – è l’ultima a morire) difficilmente scalzerà il centrodestra dalla guida della regione. Ora l’obiettivo è il premio di consolazione: arrivare secondo dopo Fontana e non terzo dopo Letizia Moratti (appoggiata dal Terzo Polo) come si temeva. Con lui, sul palco di Milano, ci sono tutti i quattro candidati alla segreteria del Pd, perché nel frattempo il congresso va avanti (da settembre, praticamente) e si concluderà solo con le primarie del 26 febbraio. «I 4+4 di Nora Orlandi», scherza Gianni Cuperlo, che è stato il promotore di questa iniziativa «unitaria» tra i rivali che si combattono per la guida del Nazareno. «Mi avete fatto sentire in queste settimane la vostra vicinanza e passione», ringrazia Majorino. Un’unità realizzata solo a metà: Cuperlo, Stefano Bonaccini, Paola De Micheli e Elly Schlein sono insieme a Milano, ma a Roma – dove sempre ieri sera si chiudeva la campagna elettorale del candidato governatore Alessio D’Amato – non si sono presentati. Limitandosi a mandare ognuno un video-messaggio. Tutti negano che il problema sia il modello di alleanze: con Conte in Lombardia (dove peraltro M5s conta come il due di picche, elettoralmente, e cavalcano l’alleanza solo per nascondere i propri scarsi numeri dietro la probabile sconfitta dem), con il Terzo polo di Renzi e Calenda nel Lazio. Bonaccini giura che si tratta solo di una questione logistica: «Si faceva fatica alla stessa ora a stare in luoghi diversi», spiega. Lo stesso D’Amato, che punta a strappare il «voto utile» agli elettori 5S (la cui candidata Bianchi, scelta da Conte, si è rivelata un mezzo flop) pare non tenesse particolarmente a farsi targare troppo dal Pd. Con lui sul palco, ieri sera a Garbatella, c’erano comunque Calenda e il verde Bonelli. E gli ultimi sondaggi che circolavano davano il Pd del Lazio solidamente sopra M5s, mentre Conte puntava sul sorpasso. Così, prendere più del Terzo Polo in Lombardia e più di Conte nel Lazio diventa il traguardo principale per i dem, mentre il governo delle due regioni viene dato per perso a favore di una riconferma di Fontana e di un exploit di Rocca (e Fdi).
Il risultato delle regionali peserà anche sul congresso. E stavolta a temere sono i supporter del candidato entrato come favorito, ma che ora teme una rimonta di colei che si auto-dipinge come «outsider» («Sono l’unica a non aver mai fatto parte del gruppo dirigente», dice Schlein, candidata di Franceschini, Orlando, Bettini, Bersani e D’Alema). I risultati di Bonaccini tra gli iscritti sono inferiori alle attese: rischia di vincere nel Sud dei supposti «brogli» sulle tessere e dei ras come De Luca e Emiliano, ma di perdere nel voto sinistrorso di «opinione», che alle primarie può prevalere.
—
Fonte originale: Leggi ora la fonte