I gilet gialli escono dalla Francia e iniziano a diventare il simbolo delle proteste in tutta Europa. Le prime avvisaglie c’erano già state in Belgio, a Bruxelles, dove nelle prime giornate di mobilitazione a Parigi e nella provincia francese, avevano contagiato anche la parte francofona del Paese confinante. Gli scontri nella capitale belga avevano fatto capire che il fenomeno non fosse semplicemente autoctono: dalla Francia poteva estendersi ad altri Paesi, specialmente in quelli dove c’è un’instabilità sociale più forte e dove si aspetta molto spesso un simbolo per tornare in piazza.
Così, se in Francia i gilet gialli sono tornati a bloccare le strade nonostante gli annunci di Emmanuel Macron, ora l’uniforme gialla diventa il simbolo dei movimenti che chiedono un cambiamento al governo in tutto il continente. Lo sono in Italia, dove a Milano gli studenti e i collettivi di sinistra sono scesi in strada contro il governo, senza comprendere in realtà la vera essenza della protesta francese. Ma lo sono soprattutto in Gran Bretagna, dove oggi decine di persone hanno bloccato il ponte di Westminster per chiedere al governo di uscire immediatamente dall’Unione europea. I gruppo pro-leave hanno intonato slogan contro Theresa May auspicando che il governo attui immediatamente la Brexit senza aspettare le trattative con l’Unione europea.
Chiaramente i numeri non sono gli stessi di quelli francesi, dove la mobilitazione dei gilet jaunes non solo è molto più ampia ma anche molto più eterogenea. Ma quello che conta è che, in Europa, i gilet gialli sono ormai diventati il simbolo di tutta quella parte di popolazione europea che si ribella a un certo status-quo. E il famigerato “rischio contagio” di cui si è parlato non solo in Italia ma anche in altri Stati europei, diventa a questo punto sempre più interessante.
L’Italia, sotto questo aspetto, è un caso molto particolare. I gilet gialli francesi, ma anche quelli belgi e britannici, rappresentano istanze paradossalmente condivise anche dall’attuale governo composto da Lega e Movimento 5 Stelle. Ma è interessante notare che la sinistra radicale è scesa in piazza oggi a Milano indossando i gilet gialli che sono diventati l’immagine più chiara delle proteste francesi. Anche in questo caso c’è una forma di protesta, ma l’obiettivo è diverso: perché l’attuale esecutivo dovrebbe in realtà rappresentare la rottura rispetto ai paradigmi politici verso cui combattono i gilet gialli europei.
Ma caso italiano a parte, i gilet gialli che hanno occupato Westminster Bridge sembrano invece essere molto più assimilabili ai gilet francesi e di altri Paesi europei. La richiesta di una Brexit immediata è infatti da mettere in parallelo con alcune rivendicazioni dei manifestanti che hanno paralizzato la Francia. Anche a Parigi e nelle altre città francesi molti chiedono un’uscita della Francia dall’Unione europea, o, in maniera più moderata, la revisioni di molti accordi economici e politici fra Parigi e Bruxelles. La Francia profonda è sempre stata a trazione sovranista. E questo si ripercuote anche sui gilet gialli.
Come la Francia profonda chiede un’uscita dall’Europa, anche la Gran Bretagna chiede l’uscita dall’Unione europea. Con una differenza sostanziale: quella parte profonda del Paese, l’uscita l’avrebbe (in teoria) già conquistata attraverso il referendum che diede l’avvio alla Brexit. E adesso, con la bozza dell’accordo fra Londra e Bruxelles, i pro-leave sono molto preoccupati. C’è chi ritiene che sia un accordo del tutto fallimentare, chi ritiene che questo negoziato comporti una perdita di sovranità soprattutto in Irlanda del Nord, ma c’è chi ha paura che possa essere l’inizio di una marcia indietro del Regno Unito. Idea che in Europa sono in molti a ritenere plausibile e auspicabile, specie in Commissione europea.
Se Francia e Regno Unito rappresentano Paesi con una storia diversa e con popoli molto differenti anche nell’approccio alla politica, è importante osservare che le due sponde della Manica sono accomunate, sul fronte dei gilet gialli, proprio da un fatto: che in entrambi i casi rappresentano le aspirazioni del Paese profondo. E hanno molti punti in comune, come li avevano francesi e belgi. Forse anche da questo, si può capire cosa può significare questa possibile “internazionale gialla“.
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