I nonni contro il fascismo, i nipoti coi dittatori. E’ un mondo al contrario … di Paolo Forcellini

I loro nonni e i loro padri combattevano il fascismo, lo fronteggiavano a muso duro, si mettevano in gioco, rischiavano la vita in nome della libertà e della democrazia. Oggi, i loro nipoti sfilano con le bandiere di Hamas, ammiccano ai regimi iraniani, si voltano dall’altra parte di fronte a lapidazioni, torture e teocrazie che reprimono ogni forma di dissenso. È un mondo capovolto, una caricatura ideologica di quello che fu l’antifascismo vero.

Il cortocircuito è evidente: in nome di un antifascismo malato, pretestuoso, svuotato di sostanza e trasformato in tic culturale, si finisce per difendere i nuovi fascismi, basta che non parlino italiano o occidentale.

Chi dovrebbe essere un presidio morale, si ritrova invece a simpatizzare, o a non condannare abbastanza, realtà che nulla hanno a che vedere con la libertà e i diritti umani.

C’è chi si riempie la bocca di parole come resistenza e pace e intanto chiude gli occhi su chi impicca, bombarda e impone il silenzio con la paura. Ma la dittatura non è mai sana, di nessun tipo, sotto nessuna bandiera. C’è ancora qualcuno, che lo ricorda?

Che la libertà, anche quando è stanca e in crisi, anche quando vacilla, è sempre preferibile a qualunque regime che pretende di guidare le coscienze a colpi di Corano o Kalashnikov?

Si può davvero dire di essere antifascisti se si è indulgenti con chi nega l’essenza stessa della democrazia?

Oppure siamo arrivati al punto in cui l’unica dittatura che scandalizza è quella del passato, mentre quella del presente si accarezza perché sta lontano da casa nostra e si maschera con il linguaggio dell’anti-occidentalismo? No, non è questo l’antifascismo. La Resistenza fu amore per la libertà, non odio per un blocco geopolitico.

Fu difesa dei deboli, non giustificazione dei carnefici.

Chi oggi dimentica questo, chi oggi accetta di scendere a compromessi con chi opprime, solo perché odia l’Occidente, non è erede di nulla.

È solo complice del nuovo autoritarismo.

Paolo Forcellini