“I sindaci dem sono finti solidali”

Le proteste del Pd sulla ridistribuzione dei migranti? Solo una «battaglia ideologica». A parlare è chi la questione la conosce davvero e l’affronta ogni giorno. La risposta alle barricate dei sindaci dem contro le direttive del governo in materia di accoglienza arriva da Giuseppe Di Mare, primo cittadino di Augusta (Siracusa), una delle località che più hanno sofferto gli errori organizzativi del passato.

Cosa pensa della levata di scudi dei suoi colleghi di sinistra?

«Una posizione pretestuosa. È impensabile accusare il governo di prendere decisioni in base all’orientamento dei sindaci. Questo avvalora la tesi che qualcuno a sinistra ragiona invece così. A criticare sono perlopiù sindaci che hanno sempre fatto dell’accoglienza una bandiera e che ora si tirano indietro».

Come giudica l’intervento del governo?

«Sinora la Sicilia era stata abbandonata. Si è attuato un principio di solidarietà nazionale verso le località di approdo che non ce la fanno più. L’esecutivo ha intrapreso una strada corretta, la situazione era ingestibile. A sinistra hanno uno strano concetto di solidarietà: dicono che il problema deve riguardare anche l’Ue, ma in Italia vogliono farlo ricadere solo sulla Sicilia».

Piantedosi infatti ha chiesto che Sicilia e Calabria non siano i campi profughi dell’Ue.

«Ha ragione, in particolare sugli sbarchi mediati dalle Ong. Mi sembra che qualcuno stia facendo una battaglia ideologica e politica su un tema che non dovrebbe prestarsi a questo».

Che cosa pensa del provvedimento sulle Ong?

«È giusto. C’erano troppe lacune, invece servono delle regole come negli altri Paesi. L’Ue sinora aveva scaricato tutto sull’Italia. Di che si lamentano a sinistra? Gli sbarchi programmati sono più semplici da gestire di quelli autonomi».

Le Ong lamentano di non poter più scegliere il porto d’attracco.

«Ma non possono venire a decidere pure in quale porto sbarcare. È assurdo. La salvaguardia delle persone a bordo è essenziale, certo, ma le scelte del governo non la impediscono, anzi».


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